Più ciclisti investiti a Milano, ma qualcosa si muove per una mobilità sostenibile

A Milano gli incidenti che coinvolgono i ciclisti sono in costante aumento: dai 691 del 2018, di cui 47 mortali, si è passati ai 703 del 2019 e soprattutto agli 864 del 2021. In media più di due incidenti al giorno, in 34 dei quali c’è stata una vittima. A dirlo sono dati dell’Agenzia regionale di emergenza e urgenza (Areu) che segnalano come dal 2019 al 2021 le richieste di intervento al 118 per incidenti stradali con ciclisti siano aumentate del 31 per cento, con un totale di duemila persone cadute o investite. Ancora prematuro fare stime per quanto riguarda l’anno in corso, anche se secondo il Comune nei primi otto mesi del 2022 le biciclette sono già state coinvolte in 668 sinistri.

Uno degli ultimi incidenti mortali è stato quello di Luca Marengoni, il 14enne che ha perso la vita sotto un tram mentre andava a scuola in bicicletta. «Da anni si chiede la riqualificazione di via Tito Livio, dove è avvenuto l’incidente che ha causato la morte del ragazzo», dice Stefania Aleni, consigliera del Municipio 4, che comprende la strada dove il tram ha investito Marengoni, «Si tratta di una via abbastanza tranquilla, non si sono registrati altri episodi rilevanti». Il problema, aggiunge, «è che gli interventi non vengono mai realizzati quando richiesto».

Stefania Aleni, Presidente del Consiglio del Municipio 4

Tra le misure che servirebbero a favorire la mobilità lenta c’è anche la pedonalizzazione delle aree in prossimità delle scuole elementari e medie. A ciò si aggiunge la messa in sicurezza della sede dei binari: «Le traversine visibili e i sassi permettono di attraversare in qualunque punto. Bisognerebbe fare come in via Mecenate, dove ci sono protezioni che impediscono l’attraversamento pedonale pericoloso». Il progetto, che punta a trasformare questa strada (insieme alle vie Einstein, Lattanzio e Tertulliano) da doppio senso a senso unico, comporterebbe forse un aumento di traffico nelle vie limitrofe: molte attività commerciali temono di essere penalizzate dal provvedimento perché, per raggiungerle, bisognerebbe fare un giro in più. D’altra parte ci sono esempi che dimostrano che gli esercizi commerciali beneficiano di misure volte a ridurre il traffico, come nel caso di Via Dante. Altro nodo da sciogliere sono le piste ciclabili: «Costruirle in vie secondarie è inutile», afferma Aleni, «ha più senso apportare migliorie alle ciclabili già esistenti e collegarle tra di loro, così da congiungere le zone principali della città».

L’aumento degli incidenti riguarda infatti tutti i municipi ed è correlato al maggior numero di biciclette che circolano in città. Secondo il Comune, a fronte di un numero di biciclette coinvolte in incidenti, vi è un sensibile aumento dell’utilizzo del mezzo negli ultimi tre anni. Ne è un esempio viale Monza che, nell’orario di punta tra le 8 e le 9 del mattino e tra le 18 e le 19, in un qualsiasi giorno feriale del 2019 aveva un passaggio di 71 biciclette, mentre a marzo del 2022 queste erano diventate 267, cioè il 276% in più.

Marco Mazzei, consigliere comunale di Milano

A sottolineare il legame tra maggior numero di biciclette e aumento di sinistri è anche il consigliere comunale Marco Mazzei, esperto di mobilità: «A Milano ci sono centinaia di persone che usano la bici per muoversi nel tragitto casa-lavoro o casa-scuola. Una città costruita per gli automobilisti si trova all’improvviso a ospitare un numero crescente di persone che si muovono in bici. Lo spazio cittadino è limitato e soprattutto è conteso da tante persone e quindi si fa fatica a costruire una città a misura di bicicletta. Siamo nel pieno di un processo di trasformazione della mobilità, che non può essere risolto da un unico provvedimento».

Mazzei da tempo si interroga sulle possibili soluzioni a questo problema. Un suggerimento gli arriva dal passato, quando si usava attaccare delle targhette magnetiche sul cruscotto delle auto. C’era scritto: “Non correre, pensa a me”. A fianco la foto di un bambino. È con questo ricordo d’infanzia che il consigliere comunale Mazzei introduce un tema a suo parere centrale: «Bisogna aumentare la consapevolezza dei cittadini sul fatto che rispettare i limiti salva vite, far capire che quella persona a piedi o in bici potrebbe essere tuo figlio, un amico, una persona cara». Il consigliere da anni propone una visione della città più a misura di persona che di auto.

L’ultima battaglia, ancora in corso, è quella per la riduzione della velocità fino a un massimo di 30 chilometri l’ora in tutto il centro urbano. Il limite, se verrà rispettato, permetterà di ridurre drasticamente il numero di vittime stradali, ma una scelta dall’alto sarebbe quasi inutile: «Non basta emanare un provvedimento per cambiare le abitudini. Autovelox e multe possono aiutare, ma il solo controllo della polizia non funzionerebbe. Serve soprattutto un cambiamento culturale».

A Milano esistono già delle zone con limite di velocità a 30 chilometri l’ora, ma si tratta perlopiù di strade del centro. Altri capoluoghi, come per esempio Torino, hanno già introdotto il limite in gran parte del territorio. Bologna ne ha fissato l’estensione su tutte le strade a partire da giugno 2023, Parma dal 2024. Le pioniere sono state però Olbia e Cesena, prime città a viaggiare a 30 chilometri l’ora sull’intero suolo urbano.

Anche se con difficoltà e tempi diversi per ciascun luogo, l’Italia arriverà ad assumere le nuove politiche come nei piani europei, seguendo le altre città che si sono già adeguate, come per esempio Parigi, Berlino e Barcellona. L’obiettivo assunto dall’Onu a livello internazionale e dalla Ue sul piano europeo è infatti quello di zero morti e feriti gravi sulle strade entro il 2050. Un disegno che inevitabilmente rivoluzionerà il sistema della mobilità, gli stili di vita e di guida dei cittadini. Se le stime dell’Oms si riveleranno giuste, da qui al 2035 la riduzione dei limiti di velocità salverà 25.000 vite umane.

Numero di auto nelle città europee ogni 100 abitanti (fonte: BikeItalia)

Diminuire i limiti di velocità per le macchine è una parte della soluzione al problema dell’aumento degli incidenti che coinvolgono le biciclette. Un’altra possibilità, però, è anche pensare a una serie di politiche per disincentivare l’uso delle automobili. A Milano, infatti, si contano in media circa 50 auto ogni 100 abitanti. Il doppio rispetto a Parigi. Una strategia per ridurle e puntare così alla media delle altre grandi città europee (circa 30 auto ogni 100 abitanti) potrebbe partire innanzitutto da una gestione diversa dei parcheggi, dice Mazzei: «La realtà è che molte persone non hanno bisogno della macchina in ambito urbano. Milano non può permettere ad auto di grandi dimensioni e molto costose di occupare spazio pubblico in modo gratuito e a tempo indeterminato.

Ciclabile di Viale Monza, Milano

Questo va contro il senso di comunità. La prima cosa da fare, quindi, sarebbe far pagare sempre la sosta a tutti. Magari prevedendo tariffe diverse a seconda del reddito oppure delle dimensioni e della cilindrata dell’auto». Ma non è tutto, dato che le strade in città sono la maggior parte dello spazio pubblico che i cittadini hanno a disposizione: «Si potrebbe pensare di far usare anche di notte i parcheggi degli esercizi commerciali, come ad esempio i supermercati. Questo sarebbe un modo per eliminare dalle strade le auto meno usate dai proprietari e sarebbe anche un incentivo a usare mezzi di trasporto alternativi».

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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