Sabato 3 febbraio 2024 la segreteria della Real Casa di Savoia ha annunciato la morte, a Ginevra (Svizzera), di Vittorio Emanuele di Savoia, unico figlio maschio dell’ultimo re d’Italia, Umberto II, nonché ultimo erede al trono italiano. Il Principe di Napoli, questo il suo titolo ufficiale ai tempi della monarchia, aveva 86 anni. Il funerale e il luogo della sepoltura saranno comunicati a tempo debito, fanno sapere dalla famiglia.
Erede designato
Nato a Napoli il 12 febbraio 1937, Vittorio Emanuele era il secondo dei quattro figli dell’allora principe ereditario Umberto di Savoia e della moglie, Maria José del Belgio. Crebbe al Quirinale in anni difficili per una monarchia incerta. La madre, apertamente ostile al regime fascista di Benito Mussolini, sentiva strette le rigide regole della corte di re Vittorio Emanuele III. Molti anni dopo si scoprì un piano di colpo di Stato, guidato nel 1938 dalla stessa principessa e appoggiato dal marito, per destituire il Duce e porre sul trono il piccolissimo bambino, così da traghettare l’Italia fuori dalla dittatura. Non se ne fece nulla.
Dopo la fine del potere mussoliniano il 25 luglio 1943, Maria José (che con Umberto ebbe un ruolo importante nelle manovre che portarono alla destituzione di Mussolini) e i figli vennero allontanati da Roma e si trasferirono a Sant’Anna di Valdieri (in Piemonte). Da lì, con l’armistizio dell’8 settembre, si trasferirono prima a Sarre (Valle d’Aosta) e poi in Svizzera. Vittorio Emanuele rimase nel Paese alpino fino al termine della guerra, per poi rientrare a Roma per l’ultimo periodo della monarchia. Il padre salì al trono il 9 maggio 1946, dopo aver esercitato la reggenza sin dal 1944. Ma dopo la vittoria della Repubblica con il referendum del 2 giugno, il giovane erede al trono dovette abbandonare l’Italia. Andò in Portogallo con la madre e le sorelle, dove pochi giorni dopo li raggiunse Umberto II.
Ribelle
Il matrimonio tra l’ultimo re e l’ultima regina d’Italia era incrinato da tempo. Maria José non volle rimanere a Cascais, dove Umberto aveva preso residenza. Così lasciò la penisola iberica per trasferirsi a Merlinge, in Svizzera. Le figlie scelsero di rimanere con il padre, ma la regina portò comunque con sé il giovane Vittorio Emanuele. Crebbe con un’educazione di primo livello e senza difficoltà economiche. Ma subito apparve evidente che il giovane aveva ereditato il carattere materno: indipendente e autonomo.
In più occasioni Umberto II lo richiamò all’ordine. Negli anni ’60 gli tolse l’appannaggio reale mensile di 1000 franchi svizzeri, oltre a rimproverargli spesso una eccessiva leggerezza nei comportamenti. In particolare quelli amorosi. Prima con Dominique Claudel e poi con la sciatrice nautica Marina Doria. Entrambe borghesi, senza sangue reale nelle vene, e dunque incompatibili con le regole matrimoniali in vigore da secoli in Casa Savoia. Lo spirito ribelle di Vittorio Emanuele era tale da spingerlo, nel dicembre 1969, a considerare l’allontanamento paterno dall’Italia nel 1946 una vera e propria abdicazione. Forte di questa convinzione, il ragazzo si autoproclamò re, elevando la fidanzata Marina Doria al rango di duchessa. La questione, però, non ebbe ulteriore seguito.
Matrimonio e conflitto con il padre
L’11 gennaio 1970 Vittorio Emanuele e Marina Doria si sposarono civilmente a Las Vegas. Il rito religioso arrivò oltre un anno dopo, il 7 ottobre 1971, a Teheran. La scelta di sposarsi senza il necessario “regio assenso” paterno era destinata a impattare su tutta la vita futura del principe. In più di un’occasione Umberto II aveva ricordato al figlio le conseguenze di un matrimonio non autorizzato: «la tua decadenza da qualsiasi diritto di successione e di pretensione al trono d’Italia, perdendo i tuoi titoli e il tuo rango e riducendoti alla situazione di privato cittadino».
Ciò nonostante, la vita di Vittorio Emanuele proseguì senza particolari scossoni. Nel 1972 nacque il suo unico figlio, Emanuele Filiberto. Umberto II ne fu padrino di battesimo e pare gli abbia conferito, in quella occasione, il titolo di Principe di Venezia. La famiglia viveva in Svizzera, dove Vittorio Emanuele lavorava come intermediario finanziario. Aveva molti legami con gli Agusta, proprietari della principale industria elicotteristica italiana.
Capo della Real Casa?
Il 18 marzo 1983 Umberto II, da tempo malato e ricoverato in una clinica di Ginevra, morì. Vittorio Emanuele divenne quindi, in teoria, il nuovo capo della Real Casa, nonché titolare de iure dello scomparso trono d’Italia. Su questo, però, pesava il matrimonio irregolare con Marina Doria. Ma nessuno parve ricordarsene: negli ultimi anni di vita, l’ex-re Umberto aveva riallacciato i rapporti con il figlio in una maniera profonda, incompatibile con una sua “destituzione”. Tutti, familiari stretti e non, riconobbero che il loro nuovo capofamiglia non poteva che essere Vittorio Emanuele, che assunse il tradizionale titolo di Duca di Savoia.
Questo valse fino al 2006. In quell’anno uno dei cugini, Amedeo di Savoia-Aosta (1943-2021), venne dichiarato l’erede effettivo di Umberto II da una consulta di studiosi sabaudi. Il motivo? Il matrimonio di Vittorio Emanuele, che non aveva rispettato le regole dinastiche. Da quel momento il panorama monarchico italiano si è spaccato tra chi sosteneva le ragioni degli Aosta e chi, al contrario, si rifaceva alle lettere che Umberto II rivolse al figlio: se i suoi diritti fossero caduti, scriveva il re, «ne darò pronta comunicazione alle altre Case Reali»; cosa, in effetti, mai avvenuta. La disputa è ancora viva, anche se ormai in capo a una nuova generazione, quella di Aimone d’Aosta e Emanuele Filiberto di Savoia.
Cavallo e gli altri scandali giudiziari
Negli anni, Vittorio Emanuele è stato protagonista di diversi procedimenti giudiziari. Il primo, negli anni ’70, lo vide imputato di traffico di armi verso alcuni Paesi del Medio Oriente sottoposti a embargo. L’indagine delle preture di Venezia e Trento, poi archiviata, prendeva in esame il suo ruolo di intermediario per la Agusta, oltre che la sua amicizia con lo Scià di Persia, Mohammed Reza Pahlavi. Nel 2006 fu invece indagato per associazione a delinquere finalizzata a falso, corruzione e sfruttamento della prostituzione per alcune irregolarità legate al casinò di Campione d’Italia. L’inchiesta si concluse nel 2010 con l’assoluzione perché «il fatto non sussiste».
La più celebre vicenda giudiziaria che coinvolse Vittorio Emanuele è però l’accusa per l’omicidio di un 19enne tedesco, Dirk Geerd Hamer. I fatti risalgono al 18 agosto 1978 quando, sull’Isola di Cavallo (Corsica), Vittorio Emanuele avrebbe esploso due colpi di carabina a seguito del furto di un gommone. Il giovane Hamer, che dormiva su una barca vicina, venne colpito alla gamba e morì quattro mesi dopo. L’inchiesta francese riscontrò che l’arma di Vittorio Emanuele e il proiettile letale non coincidevano. Il principe fu assolto dall’accusa di omicidio e condannato solo a sei mesi di reclusione per porto abusivo d’arma.
L’inchiesta si sarebbe poi riaffacciata anni dopo, nel 2006, quando in un’intercettazione Vittorio Emanuele sostenne di essere uscito incolume da un’accusa fondata. Il successivo processo per diffamazione, dopo che la sorella di Hamer lo aveva nuovamente accusato di colpevolezza, si concluse nel 2017 con la condanna dell’erede Savoia a due anni di reclusione (con la condizionale).
Il rientro in Italia e l’attività dinastica
Con l’entrata in vigore della Costituzione nel 1948 venne proibito, a re Umberto II e a tutti gli eredi maschi della linea principale di Casa Savoia, di mettere piede in Italia. Questa norma, contenuta nella XIII Disposizione Transitoria della carta costituzionale, venne abolita nel 2002. Vittorio Emanuele poté dunque rientrare nel suo Paese dopo quasi 60 anni. Da allora, pur continuando a vivere a Ginevra, il Duca di Savoia tornò a farsi vedere e a parlare, anche se fu soprattutto il figlio Emanuele Filiberto (che non aveva mai visto l’Italia) a prendersi la scena.
Negli anni della vecchiaia, nonostante gli acciacchi, gli scandali e le questioni dinastiche, Vittorio Emanuele è riuscito a riportare Casa Savoia nella vita italiana. Con l’ausilio dell’AICODS (l’associazione che riunisce tutti coloro che siano stati insigniti di onorificenze sabaude) il principe ha contribuito a diverse iniziative benefiche, tanto in Italia quanto all’estero. Nel 2023 AICODS ha finanziato progetti per oltre tre milioni di euro.
Non va dimenticato anche il tentativo di adeguare una dinastia millenaria (i Savoia esistono almeno dall’anno 1003, con il conte Umberto Biancamano) alla modernità. Il 28 dicembre 2019 Vittorio Emanuele annunciò la decisione di abolire la legge salica. Da quel momento in poi, dunque, la guida della famiglia sarebbe stata aperta anche alle donne. La prima dovrebbe essere Vittoria (2003), primogenita di Emanuele Filiberto. Una ragazza della Generazione Z che, con la morte del nonno, è la nuova erede di una dinastia con dieci secoli di storia alle spalle.