Una professione fuori dal comune, quella di Massimiliano Martini, proprietario e gestore del Madagascar Circus. L’artista ci ha raccontato del suo lavoro: il domatore di animali esotici.
«Il mio non è un mestiere, è una passione, un hobby, un tutto della mia vita». Da circa 40 anni Massimiliano Martini porta avanti il suo show e la grande tradizione circense.
A che età è diventato un circense?
«Sono nato circense, come tanti. Noi nasciamo circensi. È da quattro generazioni che facciamo circo, che facciamo spettacoli e soprattutto che lavoriamo con gli animali. Nel mio circo ne abbiamo tantissimi: cammelli, zebre, giraffe, ippopotami, elefanti, tigri, leoni, struzzi e cavalli. Siamo forse uno dei circhi in Europa con più animali».
E qual è il suo preferito?
«Ho un occhio di riguardo per l’elefante. Per noi è come un familiare. È stato il primo animale che ho visto quando sono nato e siamo cresciuti insieme. Adesso lei ha 60 anni, è una femmina e si chiama Baby».
Cosa significa, per Massimiliano Martini, “addestrare” un animale?
«’Addestrare’ è una parola che dà fastidio alla gente. Ma, a dire la verità, dà fastidio anche a me. Bisogna trovare una formula diversa. Io sono amico degli animali, viviamo in simbiosi 24 ore al giorno. Anche loro sono artisti. Alla fine l’esibizione e gli applausi sono merito loro, non mio. Sono finiti i tempi in cui la tigre saltava nei cerchi di fuoco. Adesso si fa tutto con l’amore. Il pubblico vuole anche quello: vuole l’abbraccio, il bacio con l’animale. Ormai sono cambiati i tempi, dicono che noi facciamo fare cose contro natura, ma non è più vero. Oggi si fa tutto con il cibo. Con tigri e leoni si usa la carne. Invece con elefanti e cammelli le mele. Quando l’animale salta da una parte all’altra, è perché il domatore durante le prove sposta il cibo. Poi nello spettacolo il cibo non c’è più, ma rimane il movimento».
In che condizioni vivono i suoi animali?
«Gli animali sono nati da me, in cattività. Non sono certo andato a prenderli in Africa, come tante persone pensano. Poi, è ovvio, io tiro l’acqua al mio mulino. Non gli facciamo mancare nulla, anzi. Io penso che i miei animali siano felici, perché sono nati qui e non sanno cosa c’è fuori. Ormai sono abituati all’uomo. Se dovessero tornare nel loro habitat, io dico che non durerebbero neanche mezz’ora. Sono abituati a vivere con me, a essere serviti, riveriti e coccolati. Per il loro bene è meglio che stiano dove stanno».
È mai stato aggredito da un animale?
«Sì, ma dagli ultimi che ti aspetteresti. Ad esempio una volta una zebra mi ha morso mentre le davo il pane. In un’altra occasione ho preso un calcio da un cavallo. I leoni e le tigri per fortuna non mi hanno mai preso. Invece può capitare che gli animali si azzuffino tra loro. Sono come le persone, c’è il momento in cui vai d’accordo e quello in cui litighi».
Cosa prova mentre si esibisce?
«Normalmente sono una persona abbastanza fredda, ma ogni volta è una grande emozione. Certe volte, però, faccio fatica a controllarmi. Ad esempio, al festival di Montecarlo. C’è tanta gente che ti giudica e che ti dà voti. In quelle occasioni, mi cedono le gambe. Prima di entrare in pista mi passa il mondo davanti. Mi è anche capitato di farmi il segno della croce. Ogni volta è sempre diverso, ogni spettacolo non è mai uguale al precedente».
Perché crede che le persone corrano in massa ad assistere agli spettacoli nei circhi?
«Gli animali sono una forza attrattiva incredibile per il pubblico. Soprattutto per le famiglie. È più semplice portare da noi il bambino che vuole vedere una zebra o una giraffa, piuttosto che portarlo in Africa. Infatti noi mettiamo gli animali in bella vista, per suscitare la curiosità dei più piccoli, in modo che dicano: ‘Papà, ho visto l’elefante, mi porti al circo?’ E poi con gli animali c’è tutta un’altra atmosfera. Vedi i bambini con due occhioni grandi così… ad esempio, quando arriva la giraffa, vedono un animale fuori dal comune: maestoso, enorme e bellissimo. Spesso i bambini porgono il pane e la giraffa si abbassa a mangiarlo».
Cosa direbbe a chi protesta contro i circhi con animali?
«Io non so neanche cosa significhi la parola ‘animalismo’: io sono il primo degli animalisti. Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono bambini al mondo che vengono trattati male dai familiari, ma questo non significa che tutti i genitori maltrattino i propri figli. Io posso parlare per me, nel mio circo gli animali sono tenuti come dovrebbero. Certo, non sono in Africa, ma l’Africa non l’hanno mai vista. Si dovrebbe fare un controllo circo per circo. Per quale motivo ci devo rimettere io per le mancanze di altri?»
Ci sono ancora dei giovani che vogliono apprendere il suo mestiere?
«Sì, a dire il vero sono più le ragazze dei ragazzi. Anche qui a Milano ne sono venute un paio a chiedermi di poter lavorare in questo ambito. Ma il mio non è l’unico lavoro a contatto con gli animali qui al circo. Dietro al mio spettacolo in pista ci sono tante persone: da chi pulisce il letame, fino a chi dà il cibo agli animali. È un lavoraccio. Non è tutto oro quello che luccica».
Qual è il più grande sogno da circense di Massimiliano Martini?
«Il sogno più grande è Montecarlo. Lo è per tutti i circensi. È la Champions League dell’artista. Montecarlo è il massimo e stavolta ho anche la possibilità di vincerlo. Perché adesso è difficile trovare un circo con così tanti animali come il mio. Penso che in Italia siamo rimasti in quattro o cinque ad averne così tanti.»