Censura alla stampa, Fnsi contro la legge bavaglio

La legge bavaglio che dovrebbe essere firmata dal Presidente Sergio Mattarella

«Diciamo no alla censura di Stato e siamo pronti a mobilitarci con tutta la categoria fino allo sciopero generale per rivendicare l’identità e la dignità della nostra professione, ma soprattutto il diritto di voi lettrici e lettori di avere una giusta e corretta informazione».

Con questa dichiarazione del 16 Gennaio si conclude l’appello della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) al Presidente Mattarella, cui si chiede di non firmare la nuova legge bavaglio.

L’emendamento Costa

La posizione della Fnsi è chiara: il veto di pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, non deve essere applicato. La modifica al codice di procedura penale è stata approvata il 19 Dicembre 2023 dalla Camera dei deputati.

Autore dell’emendamento, l’onorevole Enrico Costa, deputato di Azione che dal principio non ha nascosto la sua convinzione. «Finche avrò voce,» ha dichiarato Costa, «difenderò questa norma approvata dalla Camera e ringrazio i tanti che lo fanno al mio fianco». Il voto a favore dell’Emendamento da parte del Parlamento è stato unanime, fatta eccezione per M5S, PD e Alleanza Verdi e Sinistra.

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica italiana per la seconda volta
Informazione a rischio?

L’approvazione della norma, secondo la Fnsi, non danneggerebbe soltanto la stampa, ma anche «i cittadini che fruiscono le notizie, i magistrati, i legali di parte e chi è sottoposto alla misura cautelare». Il rischio, per i giornalisti, i quali sono costretti per deontologia professionale ad attenersi alla verità dei fatti, sarebbe quello di essere «meno precisi, analitici e verificabili».

Ma anche quello di sapere solo una piccola parte della vicenda, «fino all’udienza preliminare, diversi mesi o anni dopo il presunto reato». Un timore, questo, ben esemplificato dal punto I della «sentenza decalogo» della Cassazione del 1984 sui limiti al diritto di cronaca.

La verità non è più tale se è “mezza verità” (o comunque, verità incompleta): quest’ultima, anzi, è più pericolosa della esposizione di singoli fatti falsi per la più chiara assunzione di responsabilità (e, correlativamente, per la più facile possibilità di difesa) che comporta, rispettivamente, riferire o sentire riferito a sé un fatto preciso falso, piuttosto che un fatto vero sì, ma incompleto. La verità incompleta (nel senso qui specificato) deve essere, pertanto, in tutto equiparata alla notizia falsa.

Libertà di informare, i precedenti

«Bisogna avere spirito di Corpo, se c’è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare»

«Magari morisse, li mortacci sua»

«Mi raccomando dite al Maresciallo che ha fatto servizio alla Stazione… lì dove è successo il fatto di Cucchi… di stare calmo e tranquillo… mi stanno rompendo, loro e Cucchi»

Senza l’accesso a queste intercettazioni choc e a tutti gli atti dei processi – sette in tutto -, l’inchiesta giornalistica sull’omicidio di Stefano Cucchi non sarebbe stata completa nelle sue molteplici e complesse veridicità. Un’inchiesta, quella sul trentaduenne romano, che ha trovato «nella libertà di informare, ragioni per arrivare alla verità e dare giustizia».

Sempre dalla lettera-appello della Fnsi: «I giornalisti raccontano e non inventano, […] ma anzi contribuiscono a rendere vivo il campo della democrazia con il loro lavoro di controllo su ogni potere».

Inchieste da Pulitzer e Settima Arte

Spesso la cultura pop ci è venuta in aiuto per conoscere e comprendere, o quantomeno avvicinarci a vicende delicate e complesse riguardanti l’importanza della libertà d’informazione. Primo tra tutti, il cinema.

Il cast completo del film del 2015 Spotlight, che aveva vinto due Oscar come miglior film e miglior sceneggiatura originale
Il cast completo del film del 2015 Spotlight, che aveva vinto due Oscar come miglior film e miglior sceneggiatura originale

Nel 2015, un cast stellare ha portato sul grande schermo la storia di una delle più importanti inchieste sulla pedofilia nella Chiesa. Così importante da essere premiata con il Premio Pulitzer nel 2003. Si tratta de Il Caso Spotlight, di Tom McCarthy ispirata alla storica inchiesta del Boston Globe.

Per chi non conoscesse la storia, la riassumo. Nel 2001, il gruppo investigativo Spotlight (il più longevo d’America) ha iniziato ad indagare su un prete di Boston accusato di aver violentato 84 bambini. La lunga e complessa indagine giornalistica porterà, nel 2003, alla denuncia di un vero e proprio sistema di abusi – oltre 70 sacerdoti locali sono stati accusati di abusi su minori – e sistematiche coperture da parte della Chiesa Cattolica.

Il vero team del gruppo che ha ispirato il film del 2015 Spotlight, insieme ad alcuni membri del cast
Il vero team del gruppo che ha ispirato il film del 2015 Spotlight, insieme ad alcuni membri del cast

Alla luce di un dibattito come quello odierno sulla legge bavaglio, sarebbe interessante chiedersi come sarebbe andato il caso Spotlight se il gruppo di giornalisti d’inchiesta del Boston Globe non avesse potuto accedere agli atti del tribunale inizialmente secretati dal giudice. O, in un eccesso di immaginazione, se la vicenda fosse stata italiana.

Per il momento, non ci resta che attendere una risposta del Presidente della Repubblica all’appello della Fnsi. Augurandoci che la libertà d’informazione venga tutelata e possa essere veicolo di verità e giustizia. E, perché no, magari anche di Pulitzer.

A cura di Serena Del Fiore

 

Serena Del Fiore

Milano, figlia dei 90s e di tanta letteratura. Scrivo (e parlo) di arte, cultura e spettacolo. Quando sono sull'orlo di un esaurimento nervoso penso sempre al posto mio cosa farebbe Woody Allen. Mi pento tutte le volte. Laureata in Comunicazione, Media e Pubblicità con Gianni Canova, nel 2019 sono stata compagna di palco di Beppe Severgnini nello spettacolo teatrale "Diario sentimentale di un giornalista", unendo due grandi passioni: viaggiare e raccontare storie. Ho vissuto a Parigi e New York.

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