Una vittoria così non se l’aspettava nemmeno Geert Wilders. Le elezioni olandesi di mercoledì 22 novembre sembravano una lotta a quattro. Di questi, ad affermarsi come leader del primo partito del Paese è proprio Wilders. Quello in cui tutti, anche i media locali, credevano meno. Per le sue posizioni estremiste, per la cautela con cui gli altri partiti di destra aprivano a un possibile governo di coalizione con lui. Un esecutivo del quale, nel loro immaginario, il sovranista Partito per la Libertà (Pvv) sarebbe stato l’ultimo vagone. E non la locomotiva.
I risultati delle elezioni
I risultati ufficiali devono ancora arrivare, ma già dalla sera di mercoledì erano ben chiare le preferenze del popolo olandese. «35!» così festeggia su X il candidato 60enne, facendo riferimento al numero di seggi conquistati alla Camera bassa. Ma i dati sono ancora in aggiornamento. E il numero sale rapidamente a 37 con il 94% dei voti scrutinati. Mancano ancora all’appello circa dieci comuni e i voti per lettera degli olandesi all’estero.
Un successo straripante, soprattutto se si tiene conto che solamente due anni fa il Pvv aveva conquistato 17 dei 150 seggi alla Tweede Kamer ricevendo il 10,79% delle preferenze. Dietro al Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (Vvd) di Rutte e ai Democratici 66. La formazione di Wilders ha letteralmente ribaltato i pronostici. I 2,3 milioni di voti ricevuti – cifra superiore a quelli ottenuti da Rutte sia nel 2021 che nel 2017 – sono valsi il 23,6% e il primato. Ad affermarsi come secondo partito è la coalizione di laburisti e verdi (PvdA-GL), riuniti sotto Frans Timmermans. Con i 25 seggi guadagnati ha migliorato di otto i suoi risultati di due anni fa. In grande, ma pronosticabile, crescita il nuovissimo Nuovo Contratto Sociale (Nsc) di Omtzigt che guadagna 20 seggi.
A pagare dazio per la crescita di queste tre formazioni sono le due forze politiche storiche dei Paesi Bassi. In primo luogo il Vvd di Dilan Yesilgöz, che perde 10 posti alla Tweede Kamer (da 34 a 24). E si vede costretta, per la prima volta dopo 13 anni di governo Rutte, a occupare il ruolo di alleato dentro una probabile futura coalizione di governo. Alleanza a cui, per raggiungere i 76 seggi della maggioranza in Camera bassa, si aggiungerà con ogni probabilità il Nsc. A subire maggiormente il contraccolpo, però, sono stati i Democratici 66. Voti più che dimezzati, 15 seggi persi (da 24 a 9) e la consapevolezza che la caduta del governo di Rutte abbia davvero segnato la fine di un’era politica.
Il fronte sovranista unito
Non tardano ad arrivare le congratulazioni dai leader sovranisti europei, che trovano così in Wilders un loro formidabile alleato nei palazzi di potere di Amsterdam. A partire da Matteo Salvini, che ricorda la lunga storia di alleanza tra il Pvv e la Lega e la loro collaborazione entro il gruppo Identità e Democrazia.
Congratulazioni all’amico @geertwilderspvv, leader del PVV 🇳🇱 e storico alleato della Lega, per questa straordinaria vittoria elettorale.
Una nuova Europa è possibile: appuntamento domenica 3 dicembre a Firenze. pic.twitter.com/0DnRBG03Cp— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) November 22, 2023
Passando per l’ungherese Viktor Orbàn, che sfrutta l’ormai iconica frase «il vento sta cambiando». Ma anche Marine Le Pen, che legge nella vittoria di Wilders una «conferma del crescente attaccamento delle persone alla difesa dell’identità nazionale». Dal Portogallo tocca a André Ventura, del partito populista Chega. Dalla Spagna al leader di Vox Santiago Abascal.
Voci di dubbio e preoccupazione si alzano invece dagli ambienti più lontani dalla destra. Come Bruno Le Maire, ministro dell’Economia e delle Finanze francese, che ha definito la vittoria di Wilders come «frutto delle paure che si stanno diffondendo in Europa».
La politica di Wilders
«Vogliamo governare… e governeremo». Con queste parole Wilders ha celebrato il trionfo delle elezioni. Ovviamente per farlo sarà necessaria una coalizione. E sebbene prima del voto le altre tre maggiori forze politiche del Paese avevano nettamente preso le distanze dal Pvv, la situazione potrebbe presto cambiare. Anche perché sia il Vvd di Dilan Yesilgöz sia il Nsc di Omtzigt hanno numerosi punti di contatto con le politiche proposte dai sovranisti. Dal nucleare alla lotta contro l’immigrazione.
Altrettanti i punti di distanza. Nei temi e nei toni. La violenta retorica anti-Islam – descritto come «ideologia di una cultura ritardataria» – ha costretto Wilders a vivere con una scorta 24 ore su 24. No alle scuole islamiche, no al Corano e alle moschee, tassazione del velo. Anche se nelle ultime settimane sembra aver ammorbidito alcune istanze. Un’intransigenza religiosa che cozza con la promessa fatta mercoledì sera di non sfidare la libertà religiosa e di espressione. Ma che gli ha permesso, secondo molti analisti, di sfruttare l’onda lunga del 7 ottobre e dell’attentato di Hamas contro Israele. Il sostegno di quella maggioranza silenziosa che non scende in piazza ma che è infastidita, ha spiegato il corrispondente di De Telegraaf Maarten van Aalderen.
«Gli elettori olandesi hanno parlato. Hanno detto: ‘Siamo stanchi e stufi’. Il nostro compito è restituire l’Olanda agli olandesi». E le parole di Wilders, insieme al capello biondo, ricordano forse troppo Donald Trump.