Mercoledì 22 novembre, l’Olanda torna alle urne due anni prima del previsto per il rinnovo della Tweede Kamer, la Camera bassa. Secondo gli ultimi sondaggi, la caduta del governo Rutte in luglio ha lasciato in stallo politico il Paese. Insomma, saranno elezioni sul filo del rasoio, senza nessuna maggioranza assoluta. Anzi, si profila una situazione da ‘una poltrona per quattro’. Con l’outsider Pieter Omtzigt tra i principali candidati a primo ministro.
La caduta e l’eredità di Rutte
‘Teflon Mark’ era il suo soprannome. Uno che non si fa scalfire dalle critiche o dai momenti di difficoltà. Nomen omen. Dopo 13 anni di governo, Mark Rutte è stato costretto a dimettersi a metà del quarto mandato consecutivo. Fatale il tema dell’immigrazione. Un conflitto non sanabile interno alle forze di coalizione riguardo a un progetto legge che prevedeva la limitazione del ricongiungimento familiare e la creazione di un sistema di asilo a due livelli. A cui Democratici 66 e Unione Cristiana si sono opposti duramente, al contrario di Appello Cristiano Democratico e il Partito Popolare per la Libertà di Rutte.
«Non mi presenterò più come leader del mio partito alle prossime elezioni», era stato l’annuncio dell’ormai ex primo ministro pochi giorni dopo la caduta dell’esecutivo. E a poco sono valse le sue abilità politiche e manageriali, che gli avevano permesso di guidare il Paese per quasi un quindicennio. Insieme a lui hanno lasciato anche il vice primo ministro Sigrid Kaag, leader di Democratici 66. Ora la grande sfida per l’Olanda sarà ritrovare la stabilità politica in uno dei sistemi più frammentati d’Europa. Sono addirittura 17 i partiti attualmente rappresentati in Parlamento, e 26 quelli totali.
Come funzionano le elezioni olandesi
Il mercoledì è il giorno in cui tradizionalmente sono aperte le urne nei Paesi Bassi. Una decisione controtendenza presa per tentare di combattere l’astensionismo da weekend. Le urne rimarranno aperte fino alle 20 di stasera (ore locali) per permettere il rinnovo dei 150 seggi della Camera bassa del Parlamento.
Il sistema di votazione utilizzato è quello proporzionale a lista aperta. Non saranno eletti, dunque, i primi della lista bensì coloro che hanno ricevuto più voti di preferenza. Lo sbarramento per ottenere un seggio è uno dei più bassi dell’intera Unione Europea. Basta infatti raggiungere il cosiddetto quoziente elettorale, ottenuto dividendo il numero totale dei voti validi per 150. Cruciali per la popolazione dell’Olanda sono tre punti: l’aumento del potere d’acquisto, l’immigrazione e il sistema sanitario nazionale.
I quattro candidati principali
L’ultimo sondaggio di I&O Research dipinge una situazione di assoluto equilibrio. Sono dati tra il 25% e il 27% ben tre partiti: la coalizione della Sinistra Verde e del Partito Laburista, il Partito Popolare per la Libertà (Vvd) e il Nuovo Contratto Sociale (NSC). È praticamente certo che chiunque la spunterà dovrà in ogni caso affidarsi a un governo di coalizione. E ci vorranno settimane per raggiungerlo. Un’altra forza di successo è il Movimento Civico-Contadino (Bbb), che ha ottenuto buoni risultati nelle ultime elezioni regionali in tutta Olanda.
Frans Timmermans è sicuramente uno dei favoriti a essere eletto primo ministro. Leader della coalizione PvdA, che unisce la sinistra verde e quella socialdemocratica, è il maggiore esponente dei progressisti olandesi. Anni 63, dal 2014 fino allo scorso agosto ha occupato la posizione di Primo vicepresidente della Commissione Ue. Alle ultime elezioni europee è stato scelto dal Partito del Socialismo Europeo come candidato alla presidenza della stessa Commissione. È stato anche Commissario europeo per il clima e del Green Deal europeo.
L’erede di Mark Rutte alla guida del Partito popolare per la libertà e democrazia (Vvd) è Dilan Yesilgoz. Nata ad Ankara, rifugiata in Olanda da quando aveva otto anni, è l’attuale ministro della Giustizia ad interim. Rappresenta l’ala più intransigente del Vvd, soprattutto riguardo ai temi di immigrazione e asilo. In questi mesi ha preso le distanze dal suo predecessore, con la volontà di aprire «un nuovo capitolo» nel Paese cercando di far recuperare al suo partito «il suo vero colore». Il suo programma elettorale prevede, tra le altre cose, la costruzione di quattro grandi centrali nucleari, l’aumento del salario minimo, la lotta alla criminalità e al traffico di droga.
Geert Wilders, 60 anni, è lo storico esponente della estrema destra. Il suo Partito della Libertà, nato nel 2006, porta avanti da anni una lotta contro l’islamismo e gli immigrati di origine musulmana. Storico alleato del Vvd, anche se in un rapporto di amore e odio con Rutte, è stato varie volte accusato di incitamento all’odio e alla discriminazione. Nel Paese temono che, in caso di vittoria delle elezioni, possa proporre una Nexit, la versione olandese della Brexit. Il ridimensionamento nell’ultimo periodo della sua retorica contro l’Islam lo ha reso un più probabile partner per una futura coalizione di governo.
Da ultimo Pieter Omtzigt, l’outsider che però a sorpresa sta guidando le ultime intenzioni di voto. Laureato in economia alla European university Institute a Firenze, è stato deputato per quasi vent’anni nelle file di Appello Cristiano Democratico. Nel 2021 si è separato dal suo storico schieramento dopo aver messo in luce la discriminazione istituzionale dell’Agenzia delle Entrate nell’assegnazione di assegni familiari. Scandalo che aveva causato la caduta del Rutte III.
Rimasto in parlamento come deputato indipendente, solo lo scorso agosto ha fondato il partito Nuovo Contratto Sociale. Gli analisti lo hanno definito un ‘partito di protesta che si inserisce nel centrismo politico’. Una sorta di organizzazione anti-establishment che però non proviene da nessun estremismo politico. In Olanda credono che possa avere grandi chance di vittoria, avendo attratto tutta quella parte di popolazione che è sempre più disillusa dalla classe politica. Tra le sue proposte c’è quella di ridurre l’arrivo degli immigrati a 50 mila l’anno, tra lavoratori, studenti e rifugiati. È favorevole al sistema di asilo a due livelli e al nucleare, ma anche alla progressiva abolizione degli allevamenti intensivi di bestiame.