La siccità in Lombardia è ai massimi storici. Il 2022 è stato l’anno meno piovoso di sempre a Milano. Dal 1764, data in cui sono iniziate le misurazioni, ad oggi non era mai stata registrata una carenza di precipitazioni così grave. Il problema, oltre a recare danni all’essere umano, interessa soprattutto il settore agricolo. La siccità sta mettendo a rischio le principali colture: dal riso al mais, dalla soia ai prati, dagli ortaggi all’uva.
Le riserve d’acqua sono calate del 60% rispetto allo stesso periodo del 2021, il che è un serio problemi per i campi milanesi che vengono alimentati principalmente dal Lago Maggiore. In Lombardia mancano 2 miliardi di metri cubi di acqua. La preoccupazione di agricoltori e allevatori è tanta, come racconta Enzo Locatelli, segretario Coldiretti di competenza sulla zona Milano Ovest.
Signor Locatelli, quali politiche o iniziative possono aiutare a contrastare la siccità in Lombardia?
La siccità c’è perché non piove. In quest’area siamo sempre stati abbastanza fortunati perché la carenza di acqua dal cielo veniva sempre compensata dal Naviglio Grande e dal Lago Maggiore. Quest’ultimo è un bacino già di per sé naturale. Ed è sempre riuscito a conservare acqua d’inverno grazie allo scioglimento della neve. Il problema è che oggi è al 39% di capacità, quindi si teme che, come nel 2022, non basti per tutta l’estate. La legge dice che il primo utilizzo dell’acqua è umano, poi viene l’agricoltura e infine tutto il resto. Coldiretti chiede che per tutto il resto si cerchi di utilizzare meno acqua possibile.
Quali sono le coltivazioni principali dell’area di sua competenza?
Sono tre: il riso, il mais e i prati. Tutte necessitano di acqua. Lo scorso anno in media la produzione è diminuita del 30-40%. Il risicoltore molto prudente già a novembre aveva cercato di sopperire seminando una coltura diversa. Adesso ha ancora tempo fino al 10 maggio per decidere cosa fare. Se rinuncia alla coltivazione di riso, deve piantare la soia, che è una valida alternativa. Non ci sono alternative, perché si tratta di terreni vocati al riso e non si può mettere una coltivazione di altri tipi.
Quali aziende del suo territorio sono maggiormente preoccupate?
Le aziende zootecniche – circa una cinquantina – perché devono sfamare il bestiame. Per nutrilo, la coltura tradizionale è il prato e il grano turco. Anche qui gli agricoltori, già in autunno, hanno messo degli erbai che saranno pronti ad aprile. Ma questi coprono il 40-50% del fabbisogno che serve per alimentare gli animali. L’anno scorso gli agricoltori hanno sacrificato i prati per abbeverare il grano turco.
Quindi quest’anno ci si attende una situazione ancora peggiore rispetto al 2022?Certamente. Lo scorso anno gli agricoltori avevano delle scorte. Oggi sono esaurite. Molte aziende zootecniche hanno acquistato foraggio in Polonia perché a livello nazionale non ce n’era più. Si tratta di una tragedia annunciata.
In che stato versano le falde acquifere che dovrebbero rifornire Milano?
Si stanno abbassando molto. Se la situazione continuerà a peggiorare, dovremmo preoccuparci anche per l’acqua potabile.
Ci sono aziende zootecniche che sono già fallite?
No, ma hanno ridotto del 30-40% i capi di bestiame. Sono stati molto attenti.
Oltre al riso, ci sono altri tipi di coltivazione che rischiano con questa siccità?
Tutte le aziende che fanno cerealicoltura. Quindi mais, frumento, orzo, etc.
A parte la soia, esiste un’alternativa al riso?
Non ce ne sono molte altre. Questi terreni sono nati per coltivare il riso. Forse il sorgo può essere un degno sostituto.
Quale zona lombarda sta rischiando più di tutte?
A livello provinciale le risaie del pavese sono quelle maggiormente colpite dalla siccità. Ma il problema interessa tutta la Lombardia.
La carenza di acqua può portare all’aumento di insetti nocivi per i prodotti agroalimentari?
Questa potrebbe essere un altro problema . Negli ultimi anni è arrivato un insetto nuovo – la Popilia iaponica – che sta minacciando le aziende agroalimentari.
Gli imprenditori si stanno già preparando per affrontare un futuro che appare sempre più preoccupante?
In passato, gli agricoltori hanno sempre fatto irrigazione a scorrimento. Oggi utilizzano anche i famosi rotoloni per l’irrigazione a pioggia. In questo senso, acquistano anche macchine innovative che servono per bagnare, risparmiando anche acqua.
La siccità ha causato una diminuzione delle aziende agricole?
Non ancora. L’agricoltore ha un brutto vizio: resiste fino all’ultimo. Ma si può resistere per un anno, non per due. Soprattutto se il trend è questo.
Quante di queste aziende sono a conduzione familiare?
Praticamente tutte. Se chiudessero sarebbe una tragedia, sia a livello economico che ambientale.
Crede che la politica – anche a livello nazionale – abbia a cuore questo problema?
La politica deve capire che si tratta di un grave problema. L’agricoltore è il primo che capta questi segnali preoccupanti. Ma dovrebbe interessare tutti i cittadini. Ognuno deve fare la sua parte.