I prossimi due mesi potrebbero essere gli ultimi in cui utilizzeremo SPID. Il sistema di identificazione digitale unico è nato nel 2016. L’obiettivo è rendere accessibili tutti i servizi online della Pubblica Amministrazione con un singolo account. Ad aprile scadono le convenzioni per la gestione dello SPID, ma le aziende che lo amministrano non intendono rinnovare l’accordo con l’Agid, l’Agenzia per l’Italia Digitale.
Cos’è lo SPID
ll Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) è la modalità di accesso con identità digitale ai servizi online della Pubblica Amministrazione italiana e dei privati aderenti. Cittadini e imprese possono accedere a tali servizi con un account univoco che ne permette l’accesso e la fruizione da qualsiasi dispositivo attraverso tre livelli di sicurezza.
SPID è stato introdotto per ovviare al fatto che il moltiplicarsi di servizi online costringeva le persone ad avere un numero sempre crescente di credenziali di accesso. L’associazione “Assocertificatori” rappresenta i fornitori del 95% dei servizi digitali come SPID, PEC e firma elettronica. Tra i soci ci sono Aruba, Infocert e Poste. Quest’ultima, da sola, ha rilasciato circa il 76% dei profili SPID totali.
Al 30 marzo 2022 hanno aderito al sistema oltre 12 mila amministrazioni mentre nel 2023 si sono raggiunte le 34 milioni di utenze attivate.
Le richieste dei gestori
Lunedì 20 febbraio il direttore generale dell’Agid, Francesco Paorici, ha incontrato le aziende che gestiscono SPID. Nei giorni precedenti, i gestori avevano scritto una lettera alla segreteria tecnica del sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti, in cui sottolineavano gli alti costi che sono costretti a sostenere. Secondo gli amministratori, le spese per i servizi di assistenza sono elevate e il Governo non ha mai creato le condizioni per far sì che i privati adottassero lo SPID e creassero flussi di cassa per le aziende che gestiscono questo servizio.
Il presidente di Assocertificatori, Carmine Auletta, ha dichiarato al Corriere Della Sera che l’associazione è disponibile ad accettare una proroga di alcuni mesi a patto che ci sia la volontà politica di dare sostenibilità economica al sistema.
In sostanza, i gestori chiedono un fondo dedicato per coprire i costi del servizio e gli investimenti in innovazione da 50 milioni di euro. Una cifra di gran lunga inferiore ai risparmi che l’identità digitale generano per lo Stato e le Pubbliche Amministrazioni. Inoltre, si aspettano di essere coinvolti nella strategia del Governo per il futuro dell’identità digitale in Italia.
Il futuro dell’identità digitale in Italia
Già lo scorso dicembre, il sottosegretario Butti aveva paventato l’ipotesi di cancellare lo SPID a favore della Carta d’Identità Elettronica (CIE) come unica identità digitale, nazionale e gestita dallo Stato.
Ipotesi vista con preoccupazione dal presidente di Assocertificatori che ritiene «anacronistico, in un periodo storico in cui le carte di credito si smaterializzano» dover utilizzare una carta fisica per accedere al mondo digitale.
Inoltre, per la lettura dei chip contenuti nelle carte d’identità elettroniche, è necessario possedere un apposito lettore smartcard. Una scelta, che si tradurrebbe in un’ulteriore spesa per i contribuenti. In assenza di un accordo tra le parti, da fine aprile SPID potrebbe spegnersi definitivamente.