Un anno dopo, ancora fermi allo stesso punto. Nel mondo dello sport è scontro tra il CIO e 35 nazioni, che pretendono l’esclusione degli atleti russi e bielorussi dalle prossime Olimpiadi. La situazione non sembra risolvibile in tempi brevi.
Le prime reazioni dopo l’invasione
Nessuno, lo scorso febbraio, si sarebbe aspettato l’attacco indiscriminato di Putin. Forse per questo, in varie competizioni sportive, furono prese decisioni dure in poco tempo. Il giorno dopo l’inizio della guerra, la Russia fu privata della possibilità di ospitare la finale di Champions League e il Gran Premio di Formula Uno. Tre giorni dopo, il CIO (il Comitato Internazionale Olimpico) escluse Minsk e Mosca da tutte le competizioni «per proteggere l’integrità delle competizioni sportive di tutto il mondo e per garantire la sicurezza di tutti i partecipanti». La nazionale polacca di calcio si rifiutò di scendere in campo contro i russi, scatenando un effetto domino terminato con l’esclusione di quest’ultimi dai mondiali di Qatar 2022. Adesso, dopo dodici mesi di pugno duro, la situazione sembra complicarsi.
La nuova posizione del CIO
«Garantire la non discriminazione degli atleti motivata dalla loro nazionalità». Queste le linee guida inviate dall’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani al Comitato Olimpico. Le intenzioni di quest’ultimo sono chiare: reintegrare gli atleti russi e bielorussi per Parigi 2024. Le condizioni: gareggiare sotto una bandiera bianca, senza alcuna possibilità di manifestare appoggio o solidarietà al proprio Paese. Esattamente come sta succedendo da qualche mese nel tennis. Il CIO ha già dimostrato di saper gestire egregiamente le sporadiche situazioni in cui è mancato il rispetto di questa norma. Si pensi al ginnasta russo Ivan Kuliak, squalificato da ogni gara per almeno un anno per aver indossato sul podio una canotta con la Z sul petto, un simbolo pro-Putin.
«Lo sport è al di sopra della politica, e l’Ucraina non è l’unico stato in guerra in questo momento», ha affermato in forma anonima il presidente del comitato olimpico di una nazione europea. E poi, come riporta il Daily Times, ha sottolineato l’ipocrisia nello scegliere chi partecipa o chi è escluso dai Giochi Olimpici. Più diplomatico il numero uno del CIO, Thomas Bach, tramite un comunicato: «Durante le Olimpiadi, atleti da 206 differenti comitati olimpici vivono insieme pacificamente nel villaggio olimpico. Gli sforzi per costruire la pace hanno bisogno di spazi di dialogo. E una competizione come questa può servire come catalizzatrice per il dialogo, che è il primo passo per giungere alla pace».
L’alleanza sportiva anti-Mosca
Oltre all’Italia, sono 34 i paesi che hanno fatto fronte comune contro la partecipazione di russi e bielorussi alle prossime Olimpiadi. La volontà è stata messa nero su bianco lunedì 20 febbraio in una dichiarazione pubblicata dal sito del governo britannico. Un impegno
che parte dalla consapevolezza che «in Russia e Bielorussia, sport e politica sono molto intrecciati, soprattutto perché gli atleti sono pagati dallo stesso stato». In queste condizioni, la neutralità degli atleti sarebbe impossibile anche in caso di partecipazione sotto bandiera bianca. Per lo più, visto il peggioramento della situazione in Ucraina, l’esclusione è vista come un «imperativo per l’equità e per la solidarietà verso gli atleti che hanno dovuto abbandonare il loro paese o sono rimasti a combattere per la difesa del loro Paese». Secondo il governo di Kiev, sono 220 gli sportivi ucraini morti durante l’invasione e centinaia i centri sportivi distrutti.
Lo stesso Zelensky si è pronunciato fortemente contrario al reintegro. «Se i princìpi olimpici sono distrutti e atleti russi sono ammessi in qualunque competizione o nelle stesse Olimpiadi, è solo questione di tempo prima che lo stato terrorista li obblighi ad appoggiare la loro propaganda di guerra». Le sue parole, pronunciate di fronte ai ministri dello sport di una trentina di paesi, hanno influenzato la presa di posizione di gran parte dell’Occidente. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania su tutti.
Il testa contro testa
La risposta del Comitato Olimpico alla dichiarazione non si è fatta attendere. «Il CIO apprezza le domande costruttive in merito alla definizione della neutralità degli atleti con passaporto russo o bielorusso». Ma ha comunque ricordato di agire basandosi sulle indicazioni dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Al momento la posizione del CIO a favore del reintegro sembra non negoziabile, ma la rabbia intorno alla sua condotta inizia a crescere. Mykhaylo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Zelensky, è arrivato ad accusare direttamente il Comitato Olimpico di essere «promotore di guerra, assassinii e distruzione».
In alcune discipline, le qualificazioni sono già iniziate. Nella maggior parte, il via è tra poche settimane. Probabilmente, però, per la decisione ufficiale bisognerà attendere ben di più, perché il CIO è preso tra due fuochi. Da una parte, la pressione di numerosi comitati olimpici nazionali che sostengono che «il ritorno degli atleti nelle massime competizioni è ormai nelle mani di Russia e Bielorussia, ponendo fine alla guerra che hanno iniziato». E con questo, il rischio di boicottaggi da parte di alcuni sponsor o televisioni nell’evento sportivo più redditizio (7.6 miliardi di dollari negli ultimi quattro anni). Dall’altra, la volontà di volersi ergere a «esempio per il mondo» perché luogo in cui «tutti si rispettano tra di loro e obbediscono alle stesse regole». Il presidente del CIO Thomas Bach ha tra le mani una bella gatta da pelare.