Un’ultima novità potrebbe risolvere l’impasse in cui è finito il caso Cospito. La Procura generale della Cassazione ha chiesto al Tribunale di sorveglianza di Roma di motivare meglio il provvedimento con cui confermava per quattro anni il regime di carcere duro. I magistrati non avrebbero sufficientemente provato il legame attuale tra Cospito e il mondo anarchico.
La notizia è stata rivelata l’11 febbraio, in un momento in cui la tensione e le proteste intorno alla vicenda stavano registrando un netto cambio di passo. Lo stesso giorno, Cospito è stato trasferito in via precauzionale all’Ospedale San Paolo, e un gruppo di anarchici si è scontrato a Milano contro le forze dell’ordine. Le parti in gioco sembrano sempre più contrapposte. Tra il governo e i manifestanti potrebbe inserirsi la Corte di Cassazione, che il 24 febbraio dovrà decidere se confermare quanto appena richiesto dalla sua Procura generale. La magistratura sembra offrire l’ultima soluzione per disinnescare lo scontro. Ma non è detto che Cospito riesca a sopravvivere fino alla conclusione dell’iter giudiziario.
La richiesta di annullamento con rinvio
L’udienza in Cassazione sul caso Cospito è prevista per il 24 febbraio, quasi due mesi prima rispetto all’iniziale data del 20 aprile. I giudici dovranno pronunciarsi sul ricorso presentato dall’avvocato difensore contro l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma, che aveva confermato il carcere duro per quattro anni.
La novità è che la Procura generale della Cassazione ha presentato richiesta di annullamento con rinvio del provvedimento con cui i magistrati hanno confermato il 41-bis per Cospito. La requisitoria è stata depositata l’8 febbraio, ma è stata rivelata solo l’11 febbraio.
Secondo la Procura generale, il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Roma non ha adeguatamente risposto alle lamentele della difesa. L’avvocato difensore sosteneva che sarebbe stato sufficiente mettere Cospito in regime di alta sicurezza, con un controllo più stretto della corrispondenza. Il militante, infatti, incitava gli anarchici alla lotta armata mandando i suoi scritti fuori dal carcere con la posta ordinaria, e non clandestinamente.
La Procura generale della Cassazione è ora d’accordo con la difesa. Come scritto dall’avvocato generale della Suprema Corte, Pietro Gaeta, per mantenere il detenuto in 41-bis è necessario che emerga una «base fattuale» fondata su «elementi immanenti e definiti». È insomma necessario provare il suo attuale legame con il mondo anarco-insurrezionalista. Nell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza è invece riscontrata una «carenza di fattualità in ordine ai momenti di collegamento» tra Cospito e gli anarchici.
Per questo la Procura generale ha chiesto al Tribunale di sorveglianza di motivare meglio la decisione. Il 24 febbraio la Cassazione potrebbe seguire il parere dell’accusa e rispedire ai magistrati il loro provvedimento. Questa novità apre dunque uno spiraglio per risolvere in via giudiziaria il caso Cospito. Ma l’iter è ancora lungo e non è detto che l’anarchico riesca a sopravvivere per tutto questo tempo.
Il trasferimento all’Ospedale San Paolo
La notizia della richiesta della Procura generale è arrivata in un giorno di forte tensione. Poche ore prima, Cospito è stato trasferito nel reparto di medicina carceraria dell’Ospedale San Paolo di Milano. Lo hanno chiesto i medici del centro clinico di Opera in via precauzionale, 114 giorni dopo che il detenuto ha iniziato il suo sciopero della fame. Le sue condizioni di salute sono ritenute ancora stabili, «ma basta poco perché la situazione precipiti senza dei segni particolari di allarme», ha detto il medico di parte, Andrea Crosignani.
Cospito ha perso 47 chili, arrivandone a pesare 71. Il suo fisico è sempre più debilitato. Il valore degli elettroliti nel sangue è basso e la sospensione degli integratori lo espone a rischi di aritmia cardiaca ed edema cerebrale. Al San Paolo potrà essere immediatamente sottoposto a cure salvavita, se necessario. Se fosse rimasto in carcere, ci sarebbero voluti venti minuti per trasferirlo d’urgenza in ospedale. Un tempo che gli sarebbe potuto risultare fatale.
Queste le ragioni che hanno portato il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a far scattare il “piano Omega”, ossia il trasferimento di un detenuto del 41-bis al ricovero ospedaliero. Il provvedimento dovrà essere formalmente ratificato dal Tribunale di sorveglianza di Milano.
Cospito non ha opposto resistenza ed è stato portato in una delle stanze riservate ai detenuti del 41-bis. Nello stesso luogo dove, nel 2014, venne ricoverato Totò Riina, a rischio di infarto per un’indigestione. Nelle stesse stanze dove, nel 2016, morì Bernardo Provenzano. Al suo arrivo, ha rifiutato una sedia a rotelle e ha chiesto «scusa per il disturbo».
Il rifiuto dell’alimentazione forzata
Il legale di Cospito, Flavio Rossi Albertini, ha fatto sapere di esser venuto a conoscenza del trasferimento «dai giornalisti e non, come sarebbe normale in un Paese civile, dalla direzione dell’istituto». Probabilmente si è voluto evitare fughe di notizie mentre si svolgeva la manifestazione anarchica a Milano, in zona Navigli.
Qualche giorno prima, l’avvocato aveva inoltrato una diffida al Ministero della Giustizia, informandolo che il suo assistito avrebbe rifiutato l’alimentazione forzata.
Lo stesso Cospito aveva scritto Disposizioni anticipate di trattamento, chiedendo di non essere sottoposto ad alimentazione artificiale in caso di perdita di coscienza. «In pieno possesso delle mie capacità mentali mi opporrò con tutte le forze all’alimentazione forzata. Saranno costretti a legarmi nel letto». Proseguiva poi il militante: «Alla loro spietatezza ed accanimento opporrò la mia forza, tenacia e la volontà di un anarchico e rivoluzionario cosciente. Andrò avanti fino alla fine».
Gli scontri a Milano
Mentre Cospito veniva trasferito nell’Ospedale San Paolo di Milano, a pochi chilometri di distanza gli anarchici si scontravano con le forze dell’ordine. Il corteo è partito da piazza XXIV Maggio intorno alle ore 17: almeno 400 i manifestanti che hanno sfilato in zona Navigli. All’inizio, si sono limitati a lanciare gavettoni e fumogeni contro i giornalisti, a imbrattare muri e negozi, a spaccare vetrine di banche e immobiliari. Poi, gli scontri con la polizia. All’altezza di via Sabotino le forze dell’ordine hanno deciso di bloccare il corteo e le prime linee dei manifestanti si sono lanciate contro lo schieramento di agenti. La polizia ha usato i manganelli contro gli anarchici, mentre questi rispondevano con bastoni e pali di piccone e con il lancio di pietre, bottiglie, fumogeni, petardi e bombe carta.
Dopo alcune cariche della polizia e scontri nel parco Ravizza, i manifestanti si sono dispersi sui Navigli. Si sono lasciati dietro una scia di devastazione: danneggiati cestini, piante, vetrine, tavolini dei locali, automobili, biciclette e motorini.
In totale, oltre mezz’ora di tensione, quasi di guerriglia urbana. Sei gli agenti rimasti feriti, tutti del Reparto Mobile di Milano. Undici i manifestanti portati in Questura, tutti denunciati per reati relativi all’ordine pubblico.
L’escalation delle proteste
La manifestazione dell’11 febbraio è stata la più violenta tra tutte quelle organizzate nelle ultime settimane a Milano. Il 3 febbraio un corteo partito dalla stazione Centrale si era concluso con il ferimento di un cameraman. Il giorno dopo, il presidio davanti al carcere di Opera era finito con il lancio di qualche pietra contro la penitenziaria. In vista del corteo sui Navigli, l’8 febbraio era stato occupato il chiostro farmacia dell’Università Statale di Milano: organizzata un’assemblea studentesca, con microfono aperto e letture da dentro il carcere.
Negli scorsi giorni messaggi di solidarietà erano arrivati anche dall’estero. Il 4 febbraio scritte in supporto di Cospito erano apparse sui muri dell’ambasciata italiana a Bogotà, in Colombia. Il giorno dopo, simili scritte all’ambasciata di Sofia, in Bulgaria.
Il “no politico” alla revoca del 41-bis
Il corteo sui Navigli è arrivato pochi giorni dopo la decisione del Ministro della Giustizia di rigettare l’istanza di revoca del 41-bis. La violenza della manifestazione è stata forse la risposta degli anarchici alla decisione di Nordio.
Secondo il Guardasigilli, il moltiplicarsi degli attacchi anarchici «rappresenta un’ulteriore dimostrazione non solo della estrema pericolosità di Cospito, ma anche della persistente, e anzi aumentata, possibilità che egli mantenga contatti con una vasta area di gruppi collegati all’ideologia anarco-insurrezionalista». Per questo ha ritenuto necessario confermare il 41-bis. D’altronde, lo stesso Cospito aveva detto «il corpo è la mia arma».
Nordio ha basato la decisione sui pareri delle autorità giudiziarie. Avevano chiesto il mantenimento del regime di carcere duro la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa), la Procura generale piemontese e la Procura distrettuale di Torino. Anche se la Dnaa aveva anche aperto al trasferimento di Cospito nel regime detentivo di Alta sicurezza (As2), che prevede condizioni meno rigide del 41-bis.
Con questa scelta, Nordio ha assunto tutta la responsabilità politica sul suo Ministero. Non era affatto scontato. Qualche giorno prima aveva detto che, «vista la valenza politica del caso», la decisione sarebbe stata presa passando per il Consiglio dei Ministri. Questo avrebbe diluito sull’intero governo il peso della scelta.
Contro la decisione del Guardasigilli il legale di Cospito ha annunciato ricorso. Senza tuttavia ritenere che questo possa essere realmente efficace: «I tempi non sono compatibili con la salute di Cospito», ha dichiarato l’avvocato.
La possibile soluzione giudiziaria
Gli ultimi giorni sono dunque stati particolarmente tesi. Nordio si è rifiutato di revocare il 41-bis, sbarrando la strada a ogni possibile soluzione politica. Gli anarchici hanno risposto a Milano scontrandosi con la polizia. Nel frattempo, Cospito è stato trasferito in ospedale e si teme un peggioramento delle sue condizioni di salute.
Nessuna delle parti in gioco sembra intenzionata a cedere. La premier e il Ministro della Giustizia non vogliono fare passi indietro. Dall’altro lato, Cospito si oppone all’alimentazione forzata e gli anarchici stanno aumentando l’intensità dello scontro.
Arrivati a questo punto, l’udienza in Cassazione sembra l’unica via per placare le proteste. Ecco perché assume importanza la richiesta avanzata dalla Procura generale della Suprema Corte. Per la prima volta da molti giorni si è aperto uno spiraglio e si intravede una soluzione. A patto che Cospito riesca a sopravvivere fino alla conclusione dell’iter giudiziario.