QUANDO NASCE IL 41-BIS, IL REGIME CARCERARIO PIÙ TEMUTO DAI DETENUTI

Il ministro della giustizia Carlo Nordio ha firmato per Matteo Messina Denaro il provvedimento che lo condanna al 41-bis, il cosiddetto “carcere duro”. Subito dopo l’arresto, il boss mafioso ha iniziato a scontare il trattamento penitenziario particolarmente restrittivo nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila. Nel carcere “Le Costarelle”, Messina Denaro riceverà la somministrazione della chemioterapia per curare il cancro di cui soffre da più di un anno. Ma cos’è il 41-bis?

41-BIS: COS’E’
L’arresto di Matteo Messina Denaro

L’articolo 41-bis della Legge sull’ordinamento penitenziario, al suo secondo comma, prevede una forma di detenzione particolarmente rigorosa. I destinatari sono gli autori di reati di criminalità organizzata, di delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico. La ratio del 41-bis consiste nell’interrompere ogni tipo di legame tra il detenuto e l’organizzazione criminale cui apparterrebbe.

QUANDO NASCE

Il regime di carcere duro è stato introdotto nel 1986, con la “Legge Gozzini”, che però si limitava a prevenire situazioni di pericolo unicamente interne al carcere, come le rivolte dei detenuti.  Nel ‘92, dopo la strage di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone, all’articolo originario si aggiunse il secondo comma: una nuova disposizione, ancora oggi in vigore, che permette di sospendere i normali trattamenti penitenziari favorevoli ai detenuti.

La sospensione, adottata con decreto motivato del Ministro della giustizia, comporta un temporaneo annullamento dei “benefici penitenziari”, al fine di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica e, soprattutto, di impedire il passaggio di comunicazioni tra il detenuto e l’associazione a delinquere cui è collegato. Il provvedimento è però temporaneo: può durare quattro anni ma è prorogabile per periodi successivi, ciascuno pari a due anni. La proroga può essere disposta solo quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale non è venuta meno nel tempo.

COME FUNZIONA IL REGIME DI CARCERE DURO

I detenuti in regime di 41-bis devono essere collocati in strutture specializzate, dedicate esclusivamente a loro o comunque separate rispetto al resto dell’istituto penitenziario. Secondo la legge, le carceri di massima sicurezza devono essere situate «preferibilmente in aree insulari». Infatti Le “Costarelle” di Preturo è un’isola detentiva radicata nel nulla, lontana dal resto della città. Un luogo spaventoso dove vengono relegati i reietti della società.

Non a caso, si tratta della prigione italiana con il più alto numero di detenuti in regime di 41-bis. In regime di carcere duro, poi, è consentito un solo vis a vis al mese, sempre in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti. E sempre previo registratore e telecamera in funzione, a sorvegliare eventuali movimenti sospetti.

Sono vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi – salvo casi eccezionali – e solo chi non ha incontri personali può essere autorizzato, dopo i primi sei mesi, a una telefonata al mese che duri dieci minuti. Il 41-bis prevede poi l’esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati e il controllo della posta e della corrispondenza. Liberi, invece, gli incontri con l’avvocato (fino ad un massimo di tre volte alla settimana) e quelli con Il Garante nazionale dei diritti dei detenuti.

LE CRITICHE

L’istituto del 41-bis è da sempre criticato sotto il profilo della legittimità costituzionale: secondo alcuni non assolverebbe alla funzione rieducativa della pena che la Costituzione italiana impone. Solo una pena avvertita come giusta (e quindi proporzionata) dal condannato può costituire una valida base psicologica per un processo di crescita e miglioramento individuale. Se la reazione punitiva non è sufficiente da sola a fungere da deterrente contro le condotte illecite, una pena afflittiva non riuscirebbe a reinserire il reo nella società civile.

Già nel ’95, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti aveva definito il 41-bis il regime più duro tra quelli presi in considerazione. Negli anni 2000 è stata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a pronunciarsi sulla compatibilità del 41-bis con la CEDU, censurandone alcuni contenuti particolarmente afflittivi.

La stessa Corte Costituzionale italiana, che si è più volte pronunciata nel corso degli anni, ha spesso ritenuto che il 41-bis consiste in “trattamenti penali contrari al senso di umanità, non ispirati a finalità rieducativa”. Le pronunce della Corte costituzionale, però, ne hanno confermato nell’insieme la legittimità, dichiarando illegittime solo alcune delle sue disposizioni più restrittive.

Valentina Cappelli

Giornalista praticante e dottoressa in Giurisprudenza presso l'Università Cattolica di Milano. Aspirante giornalista televisiva, mi appassionano le tematiche di cronaca giudiziaria, politica, cultura e spettacolo.

No Comments Yet

Leave a Reply