Dopo la prima votazione non andata a buon fine, con 439 i voti a favore, 157 i contrari e 32 gli astenuti, il 22 giugno il Parlamento europeo ha approvato la riforma del pacchetto legislativo sul clima Fit for 55 della Commissione europea. Il pacchetto prevede una riduzione del 55% delle emissioni inquinanti in Europa entro il 2030.
Gli europarlamentari hanno trovato un accordo sulla riforma del mercato del carbonio, l’introduzione di una carbon border tax e l’istituzione di un Fondo sociale per il clima. Ma si tratta di una soluzione di compromesso e al ribasso rispetto alle proposte iniziali della commissione Ambiente.
Sorpresa invece per quanto riguarda la mobilità: durante la prima votazione dell’8 giugno, l’Europarlamento ha votato per lo stop entro il 2035 delle auto a benzina e diesel. L’obiettivo è incentivare la produzione dell’auto elettrica.
Obiettivi ridimensionati
Il legislatore Peter Liese aveva presentato un piano per l’espansione e la revisione del sistema di scambio di quote di emissioni, una parte fondamentale del pacchetto di legislazione sul clima Fit for 55.
Il Partito Popolare Europeo, di centrodestra, e alcuni alleati hanno presentato una serie di emendamenti per annacquare la riforma. Che, così rivista, comporterà tagli più timidi alle emissioni di CO2 e un ritardo nell’uscita dal sistema dei free carbon credits.
Il piano della Commissione Ambiente europea, infatti, prevedeva inizialmente una riduzione del 67% delle emissioni entro il 2030 per i settori coinvolti dal sistema ETS – Emissions Trading System. Dopo gli emendamenti della destra, la riduzione sarà del 63%.
Inoltre le industrie che emettono grandi quantità di gas serra, come le acciaierie e i cementifici, continueranno a ricevere dei permessi a inquinare gratuiti fino al 2032.
Subiscono modifiche anche gli impegni per il 2024, anno in cui la Commissione aveva previsto di mettere in atto la rimozione una tantum di 117 milioni di crediti di carbonio dal mercato. Dopo le modifiche, i crediti di carbonio rimossi saranno solamente 70 milioni nel 2024 e 50 nel 2026.
Come funziona il mercato del carbonio
Emission Trading System significa letteralmente “sistema per lo scambio delle quote di emissione”. È una delle misure che l’Unione Europea ha messo in vigore dal 1995 per incentivare l’utilizzo delle energie rinnovabili.
Il 41% delle emissioni di anidride carbonica dell’Unione Europea deriva dalle aziende e dalle centrali elettriche: il sistema ETS nasce proprio con l’obiettivo di limitare queste emissioni.
Come in un vero e proprio mercato, ogni anno le aziende che producono emissioni inquinanti ricevono dei crediti per ciascuna tonnellata di CO2 che possono emettere. Le aziende possono decidere di continuare a emettere anidride carbonica, consumando i propri crediti, oppure fare investimenti per diventare più sostenibili, vendendo i propri crediti ad aziende più inquinanti.
Secondo i dati dell’European Environment Agency, grazie al sistema ETS le emissioni di anidride carbonica si sono ridotte del 36% dal 2013 al 2021.
Stop ai veicoli a benzina e diesel entro il 2035
L’Unione europea è la terza produttrice mondiale di CO2, con le automobili che rappresentano il 12% di tutte le emissioni.
Per contrastare l’inquinamento di questo settore, il Parlamento UE ha approvato lo stop ai motori termici entro il 2035. A confermare la decisione è stato anche il Consiglio Ambiente dell’Ue. Non sarà più consentita la vendita di tutti i veicoli, sia automobili sia furgoni, alimentati a benzina o diesel. Il divieto riguarda solo i mezzi di nuova produzione e non quelli già in circolazione.
Ha ricevuto il via libera l’emendamento “Salva Ferrari” che prevede fino al 2036 una deroga sugli standard di emissioni per i produttori di nicchia. Lo scopo principale è salvaguardare le produzioni di auto sportive nella Motor Valley in Emilia-Romagna, in particolare Ferrari e Lamborghini.
Le conseguenze
La decisione del Parlamento UE impatterà il settore produttivo in Europa e in Italia. Nel nostro Paese saranno interessate soprattutto Torino e l’Emilia Romagna, dove c’è il grosso dell’industria motoristica italiana.
Il 33,5% della filiera della componentistica è in Piemonte, il 10,2% in Emilia Romagna e il 27,4% in Lombardia. La filiera conta 161 mila posti di lavoro in totale. La preoccupazione maggiore è che una transizione troppo veloce verso l’elettrico potrebbe causare una perdita di posti di lavoro. Secondo Anfia, l’associazione che riunisce le aziende che producono parti per il motore endotermico, sono a rischio 70 mila posti. Un veicolo a trazione elettrica, infatti, ha bisogno di meno componenti.
Il Ministero dello Sviluppo economico ha realizzato uno studio per calcolare gli impatti della riconversione industriale. Nella ricerca, oltre al rischio di perdere posti di lavoro legati alla filiera della componentistica, si evidenziano anche gli aspetti positivi. In particolare, ci sono 40 aziende ad alto potenziale, con specializzazioni che vanno dall’analisi dei dati alla guida autonoma, dai motori elettrici alle batterie.
Le contraddizioni di auto elettriche e batterie al litio
A creare perplessità sono due elementi: da una parte le batterie dei veicoli elettrici, dall’altra la produzione energetica che quei veicoli serve ad alimentarli.
Le emissioni di un’auto elettrica, infatti, sono pari a zero solo se si alimentano con energia prodotta da fonti rinnovabili. Al momento, tuttavia, in Italia la situazione è molto diversa: stando ai dati del 2019 dell’International Energy Agency, la maggior parte dell’elettricità proviene dal gas naturale (41,8%), a cui segue il petrolio ( 34,4%). Le fonti rinnovabili rappresentano solo il 19,4% del fabbisogno energetico nazionale.
Se si considera anche l’inquinamento legato a produzione e smaltimento delle batterie, il ciclo di vita delle auto elettriche diventa veramente sostenibile solo quando si superano gli 80 mila chilometri di percorrenza.
C’è poi la questione delle batterie. Secondo Statista, la Cina da sola produce oggi l’80% delle batterie agli ioni di litio. E controlla la raffinazione delle terre rare necessarie alla produzione.
La produzione di batterie per veicoli cresce del 25% ogni anno. Una ricerca del maggio 2021, pubblicata sull’International Journal of Thermofluids, svela che a livello globale solo il 5% del litio delle batterie viene riciclato correttamente. E visto che, in media, la vita di una batteria va dagli 8 ai 10 anni, si stima che più di 11 milioni di tonnellate di batterie agli ioni di litio esaurite verranno gettate entro il 2030.
Per rendere le auto elettriche veramente sostenibili, quindi, ci sarà bisogno di creare un’efficiente industria del riciclaggio entro la fine del decennio.