Il 14 novembre 2021 la Russia ha iniziato a premere sui confini ucraini inviando circa 90.000 uomini, mezzi blindati e artiglieria. L’obiettivo era generare instabilità nell’Unione europea e indebolire la Nato. Il 10 febbraio 2022 le esercitazioni militari congiunte di Russia e Bielorussia si sono intensificate. Il 21 febbraio il Cremlino ha annunciato il riconoscimento dell’indipendenza delle “Repubbliche separatiste” di Donetsk e Lugansk.
La richiesta in extremis del governo ucraino di aderire alla Nato sarà il pretesto per Putin di iniziare il 24 febbraio 2022 un conflitto.
All’8 marzo 2022 questa guerra ha già causato migliaia di morti tra soldati e civili. L’invasione russa dell’Ucraina in realtà era già iniziata nel 2014.
Approfittando delle tensioni interne causate dalla rivoluzione dell’Euromaidan di Kiev cominciata il 21 novembre 2013 e da una successiva crisi di governo, Putin aveva appoggiato i separatisti filo russi che non volevano che l’Ucraina entrasse in Europa.
Forte di questa spaccatura interna era riuscito infine nel 2015 ad annettere la Crimea dopo un sanguinoso conflitto.
L’Ucraina filo europea invece dopo 90 giorni di rivoluzione dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014 ha ottenuto la deposizione dell’allora presidente filo russo Yanukovich, che è scappato per trovare asilo politico da Putin, nuove elezioni presidenziali a giugno e nel 2017 sarà firmato l’accordo con l’Unione Europea per la creazione di un’area di libero scambio, un primo passo verso l’annessione all’Europa.
Quando nasce la rivoluzione
L’Euromaidan, la rivoluzione della piazza dell’Indipendenza, inizia quando il 21 novembre 2013 il Parlamento ucraino al contrario di quello che aveva promesso il presidente Yanukovich, decide di non firmare l’accordo con l’Unione Europea.
Viene siglato invece, un patto con Putin. Ridurrà il debito pubblico ucraino e abbasserà i prezzi del gas e dell’energia elettrica che arriveranno dalla Russia.
Sotto appello di un post social di Mustafa Nayyem, giornalista e personaggio pubblico, più di mille cittadini si ritrovano nella piazza dell’Indipendenza di Kiev, soprattutto studenti. “Uniti e forti” gridano i manifestanti.
L’Ucraina entrerà a far parte del mondo libero (UE), vogliamo difendere i due valori europei, quelli della libertà e della dignità umana, è questo quello che chiedono.
“La polizia con noi!”, si alza il coro tra la folla ma la rivolta viene repressa con violenza da parte delle forze dell’ordine e nessuno viene risparmiato, neanche le donne.
La marcia del milione
Il 30 novembre la marcia del milione occupa Kiev per protestare contro la violenza usata nella manifestazione degli studenti. “La nazione è invincibile, siamo europei”.
Inizia la rivoluzione Euromaidan, il movimento dei cittadini di Kiev che vogliono entrare in Europa e partono dalla piazza dell’Indipendenza fino al Parlamento e alla sede presidenziale.
“Ci date corruzione? Kiev vi dà la rivoluzione!” è questo lo slogan. Suona la campana del monastero di San Michele per la prima volta dal 1240, quando i mongoli hanno invaso la città. Il 20 dicembre Europa e Stati Uniti incontrano il presidente per trovare una soluzione alla guerriglia urbana tra i manifestanti e la polizia. Barriere con sacchi di neve e filo spinato per respingere la polizia.
La reazione del governo
Da qui in poi l’esercito governativo inizia sparare sulla folla e a distruggere le postazioni mediche uccidendo molti dei rivoluzionari. Oltre alla polizia e alle berkut – unità della polizia antisommossa – diversi criminali, i titushki, vengono rilasciati per combattere contro i civili dietro pagamento.
Il martire simbolo della resistenza diventa Sérhiy Nigoyan un famoso attivista social e strenuo combattente.
L’estemporanea “unità di difesa di Maidan” viene addestrata dai militari che scelgono di opporsi al regime. “Gloria all’Ucraina” è il motto che ricorrere nei tre mesi del movimento dei rivoluzionari dell’Euromaidan.
Il 16 gennaio il Parlamento vota per “alzata di mano” la legalizzazione di una dittatura per cui tra le altre leggi, il governo potrà vietare l’accesso ad internet e chi sarà trovato con un elmetto in testa e una divisa sarà incarcerato fino a 10 giorni.
Donne, uomini e anziani scendono in piazza con pentole in testa in segno di protesta, sventolando la bandiera dell’UE.
Tentativi di negoziazione
Dopo questa escalation di violenza, il leader dell’opposizione Klitchko, negozia con il presidente affinché le berkut cessino l’uso della forza. Catherine Ashton, alto rappresentante UE per gli affari esteri e per la sicurezza dichiara «condanno l’uso della forza».
La risoluzione del conflitto
Il 22 febbraio dopo la partenza di Yanukovich il nuovo presidente ad interim sarà Oleksandr Turcynov per poi arrivare alle nuove elezioni a giugno 2014. Il 25 maggio 2014 il Parlamento vota a favore della risoluzione pacifica del conflitto, accoglie le richieste dei manifestanti di piazza Maidan: rilascio dei prigionieri, equità tra il potere del Parlamento e quello del presidente e nuove elezioni. Le Berkut, la polizia antisommossa ucraina, vengono smantellate.
Ucraina finalmente indipendente
Dopo 23 anni di indipendenza sulla carta gli ucraini hanno finalmente l’impressione di essere liberi.
Il nuovo primo ministro Arseniy Yatsenyuk che rimarrà in carica fino all’aprile del 2016 è voluto anche dagli Stati Uniti.
Stando ad un’intercettazione telefonica, diffusa su Youtube e trascritta dalla BBC del 6 febbraio 2014, tra Victoria Nuland, assistente segretario di stato degli USA e Geoffry Pyatt, ambasciatore americano in Ucraina, il nuovo premier avrebbe potuto permettere al governo americano di intromettersi nella politica del Paese.
«Non credo che Klitschko, leader dell’opposizione, dovrebbe andare al governo, penso che Yatsenyuk sia il nostro uomo […] fuck the EU» dice Nuland. «Proviamo a trovare qualcuno con una personalità internazionale» risponde Pyatt. Dopo Yatsenyuk però l’accordo con l’UE.
«Nessuno può mettere in ginocchio una persona libera» dice un combattente che incarna l’orgoglio del popolo ucraino. Dopo 90 giorni di Euromaidan 125 persone uccise, 65 disperse, 1890 feriti.