Sempre più aziende americane usano i robot per i colloqui di lavoro.
Come riportato da Axios, dall’inizio della pandemia i colloqui di lavoro si sono svolti su Zoom. Ora, però, si ricorre anche all’intelligenza artificiale per esaminare i candidati. Vengono valutate le loro risposte, ma anche il tono della voce, le espressioni facciali e la scelta delle parole.
Secondo i datori di lavoro è un metodo che azzera i pregiudizi e le discriminazioni, mentre da parte dei candidati sono arrivate diverse lamentela perché «stressante e disumanizzante».
La ricerca
Secondo la ricerca pubblicata sull’Harward Business Review, «molte persone si comportano in modo rigido mantenendo uno sguardo fisso, un sorriso finto o una postura innaturale, parlando con una voce monotona e tenendo ferme le mani». In poche parole, i candidati agiscono come fossero anche loro dei robot. Questo atteggiamento è causato dal fatto che non comprendono la tecnologia usata.
La ricerca, inoltre, sostiene che i sistemi di intelligenza artificiale siano esposti ai pregiudizi. I dati utilizzati per i modelli di previsione, infatti, potrebbero essere limitati e riflettere le credenze degli esseri umani coinvolti nell’addestramento.
Il caso Amazon: la predilezione per i candidati maschili
La disparità di genere non riguarda solo gli esseri umani, ma anche le intelligenze artificiali programmate dagli esseri umani stessi. Amazon ne è l’esempio.
A partire dal 2014 il team dell’azienda di Seattle, specializzato nell’apprendimento automatico, aveva creato dei software che automatizzassero la ricerca dei migliori talenti in campo tecnologico. L’intelligenza artificiale era in grado di setacciare rapidamente i curriculum delle persone che si erano proposte per un’offerta di lavoro. A ogni candidato veniva assegnato un punteggio che poteva variare da una a cinque stelle, come i prodotti venduti sull’e-commerce.
I 500 programmi erano stati addestrati a riconoscere circa 50mila termini che comparivano all’interno delle candidature. Proprio qui è stata scoperta la falla: la maggior parte dei curriculum sottoposti all’azienda nell’arco dei dieci anni precedenti provenivano da uomini. Per questo motivo, prediligevano le proposte maschili, penalizzando le donne. L’unica opzione rimasta, quindi, è stata quella di chiudere il progetto all’inizio del 2017.