I salari nel Regno Unito continuano a crescere, così come l’occupazione e i posti di lavoro disponibili. È quanto emerge dall’ultima analisi dell’ONS, l’Istituto di statistica nazionale UK, che sottolinea come nonostante il programma di sussidi per contrastare l’emergenza pandemica sia terminato, il mercato del lavoro nel Regno viva un periodo di ripresa dopo le difficoltà legate al Covid 19.
In particolare, dallo studio emerge che tra agosto e ottobre il tasso di occupazione è salito al 75,5%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Allo stesso tempo i posti di lavoro disponibili hanno raggiunto un nuovo record: oltre 1,2 milioni tra settembre e novembre, in aumento di 434.500 rispetto all’ultimo trimestre pre-Covid (gennaio- marzo 2020). In aggiunta, l’Istituto di statistica segnala la crescita dei salari, misurati su base settimanale, che segnano un + 4,9% nel trimestre agosto-ottobre.
La distorsione del base effect
Su quest’ultimo risultato positivo, come sottolinea l’Istituto di statistica, ha inciso quel fenomeno che gli anglosassoni chiamano base effect, ovvero l’alterazione delle statistiche salariali dovuta agli ammortizzatori sociali attivati nel periodo della pandemia. Lo scorso anno, di fatto, un buon numero di lavoratori ha visto diminuire le proprie entrate a causa della cassa integrazione. Nell’ultimo periodo, invece, con il ritorno ad orari di lavoro vicini alla normalità, i salari settimanali sono tornati a crescere.
Effetto Brexit e Covid
Inoltre, sempre sull’aumento degli stipendi, ma anche su quello dei posti di lavoro disponibili, ha influito l’effetto combinato della Brexit e delle restrizioni previste per l’ingresso nel Paese durante la pandemia. Da un lato la normativa per l’uscita dell’Unione europea ha posto limiti per gli stranieri che vogliono lavorare nel Regno Unito. Dall’altro la paura di non potersi più spostare causa Covid ha indotto diversi lavoratori a fare ritorno nel proprio Stato di origine. Il risultato è la concreta difficoltà per le aziende di trovare manodopera a basso costo, il che le ha costrette ad offrire salari più alti.
Inflazione e nuove restrizioni
In questo momento a preoccupare gli analisti sono due fenomeni con cui il governo britannico, così come quelli degli altri Paesi europei e degli Stati Uniti, dovrà fare i conti nei prossimi mesi: la crescita dell’inflazione (a novembre +5,1% rispetto all’anno scorso) e le restrizioni necessarie per arginare la variante Omicron.
Il futuro dell’economia d’oltremanica adesso dipenderà dalle mosse del governo che per rallentare la pandemia ha in programma nuove misure di contenimento con il rischio di incidere sull’occupazione, e da quelle della Bank of England, preoccupata dalla crescita dell’inflazione e in procinto di decidere se aumentare i tassi d’interesse.