Martedì, 16 febbraio, le forze dell’ordine hanno portato a termine ben tre operazioni contro la ‘ndrangheta, eseguendo 78 misure cautelari emesse dai magistrati di Reggio Calabria, Catanzaro e Roma. I traffici criminali, portati avanti con metodi che vanno dall’estorsione alla rilevazione di aziende in crisi, riguardano diversi settori; dal turismo all’agroalimentare e sono sempre sovvenzionati con proventi illeciti, spesso derivanti dal traffico di stupefacenti.
Operazione “Metameria”
L’operazione “Metameria” (condotta dai carabinieri di Reggio Calabria e diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri) è partita dalle investigazioni sulla ‘ndrina Barreca di Pellaro (RC) e sui traffici criminali condivisi anche dai clan Condello e De Stefano. All’indomani della scarcerazione, infatti, il boss Filippo Barreca ha ripreso il ruolo di vertice dei racket tra intimidazioni, estorsioni e ritorsioni. Le investigazioni hanno consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza comprovanti il reato di trasferimento fraudolento di valori, realizzato attraverso la fittizia intestazione di alcune aziende o rami d’azienda, governate in maniera occulta dalla cosca Condello. Oltre a 28 arresti divisi tra le province di Reggio Calabria, Cosenza, Milano, Varese, Como, Livorno, Firenze e Udine, i carabinieri hanno sequestrato beni intestati ad aziende operanti nel turismo e nell’edilizia, per un valore superiore ai sei milioni di euro. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, nel complimentarsi con le forze dell’ordine, ha commentato: ‹‹Gli arresti rappresentano un nuovo, duro colpo alla ‘ndrangheta e confermano che lo Stato c’è››.
Operazione Kossa
Sempre sui legami illeciti tra imprenditoria e cosche mafiose si basa l’operazione “Kossa”, diretta dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che ha affermato: ‹‹La ‘ndrangheta, che si evolve, ha bisogno del mondo delle professioni, che a loro volta hanno abbassato di molto l’etica e la morale in nome del dio denaro, è prona ai servigi all’imprenditoria mafiosa. Si tratta di famiglie di ‘ndrangheta che hanno un pedigree di ferocia, perché hanno insanguinato per anni interi ambiti e territori della provincia di Cosenza››. Francesco Messina, direttore centrale anticrimine, ha poi aggiunto: ‹‹La ‘ndrangheta va combattuta in Calabria, dobbiamo colpire l’organizzazione nel territorio in cui essa è forte, in cui manifesta militarmente il suo potere, per arrivare a neutralizzarla anche altrove››. L’indagine ha ricostruito gli affari della cosca che, dopo le inchieste del 2008, era rinata e, attraverso minacce ed estorsioni, si era inserita nel tessuto economico della Sibaritide; in particolare nel settore agroalimentare e in quello dei trasporti.
Traffico internazionale di stupefacenti a Roma
In contemporanea con le precedenti, è andata in porto anche un’operazione antidroga svolta dai carabinieri del Comando provinciale della Capitale: 33 arresti nelle province di Roma, Reggio Calabria, Venezia e Grosseto. I destinatari delle misure cautelari sono accusati, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, cessione e detenzione ai fini di spaccio, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto abusivo di armi. Gli investigatori hanno scoperto un sodalizio contiguo alla ‘ndrangheta, dedito al traffico di sostanze stupefacenti. Al vertice, un noto personaggio della ‘ndrina Alvaro di Sinopoli (RC) avrebbe diretto le sue attività illecite avvalendosi anche di propri familiari. Grazie al lavoro di forze dell’ordine e magistrati, è stata anche sequestrata un’attività commerciale della Capitale che risultava fittiziamente intestata a parenti del capo dell’organizzazione.
Le agromafie: un traffico da oltre 24,5 miliardi di euro
In riferimento alle 3 operazioni contro la ‘ndrangheta, è intervenuta anche la Coldiretti: ‹‹Il volume d’affari delle agromafie ha superato i 24,5 miliardi di euro, con attività che riguardano l’intera filiera del cibo, anche approfittando della crisi causata dalla pandemia. L’agroalimentare – continua la Coldiretti – è un settore che consente di infiltrarsi in modo capillare nella società e nella vita delle persone. Le agromafie, infatti, impongono l’utilizzo di specifiche ditte di trasporti, o la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali che, a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevare direttamente grazie a capitali ottenuti con il commercio della droga. La malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare, distruggendo concorrenza e libero mercato legale, ma anche compromettendo qualità e sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare immagine e valore dei prodotti Made in Italy.››