«Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo».
Così Lev Tolstoj apriva il suo capolavoro letterario Anna Karenina e quest’ osservazione, che traccia uno spartiacque, sfrutta il metro della felicità. Probabilmente ad oggi, ai tempi dello streaming, il celebre incipit subisce una forte inversione: la felicità è allontanata dall’universo della narrazione in quanto è il suo opposto, ovvero la miseria, ciò che ci accomuna a tutti gli altri. Ed è così che la favola scompare e il cinema contemporaneo spoglia le sue storie dell’amore romantico, tracciando le coordinate di un sentimento più crudo e indagando le sofferenze delle famiglie in modo commovente, ma soprattutto universale.
Malcolm & Marie di Sam Levinson, nuovo prodotto Netflix rispecchia questo tema. Presente dal 5 febbraio sulla piattaforma e interamente girato in bianco e nero racconta la storia di una coppia, due protagonisti che non escono mai di scena: lui regista (John David Washington), lei attrice (Zendaya).
«Quando stai vicino ad una persona che ti ama non te ne preoccupi più. Tu finisci per darmi per scontata», grida la protagonista nel film provocatorio che tesse un gioco di litigi in cui i due continuano a scavare nei meccanismi della loro relazione, ferendosi a vicenda. Il lungometraggio è uno dei primi a essere stato realizzato in condizioni conformi al Covid, quando il lockdown aveva imposto a tutti noi una nuova intimità che, in un certo senso, con i continui duelli verbali della coppia e la descrizione di una serata nel loro appartamento è proprio ciò di cui tratta il film.
E il rapporto regista-attrice non può che evocare, un altro prodotto Netflix: Marriage Story nel quale il regista Noah Baumbach afferma, facendo luce sul titolo, che la storia più correttamente fosse «quella del divorzio e, attraverso di esso, di un matrimonio che è sempre presente». Un racconto sulle vicissitudini di chi vive una separazione con dei figli di mezzo, come nel caso di Charlie (Adam Driver) e Nicole (Scarlett Johansson).
Dalla convinzione di poter affrontare una separazione senza avvocati, i due protagonisti si ritrovano contrapposti, prigionieri dei meccanismi di legge e del cinismo dei loro legali. Giungono a rinfacciarsi persino i momenti di felicità nella scena del litigio definitivo in cui le loro parole rimbombano in contrasto con la stanza dalle pareti spoglie, quasi vuote.
Il film mette in risalto il trauma sociale del divorzio che riscrive il passato di una coppia felice trasformandolo in un racconto di lotte e incomprensioni, mettendo in discussione il legame che unisce i due protagonisti. Emerge dunque che l’amore non sempre basta per sconfiggere un trauma ed è questo che apprendiamo in un’altra pellicola acquistata, questa volta, dal colosso dello streaming e firmata Kornél Mundruczó, che vale la pena tenere d’occhio se si vuole arrivare preparati agli Oscar 2021: Pieces of a Woman, film che racconta il dolore della perdita di un figlio.
Quel lungo piano sequenza iniziale descrive un parto fatto in casa terminato con delle complicazioni e ha fine solo con l’apparizione del titolo, che in un certo senso permette di riprendere fiato. Da quel momento si vivono i viaggi dei protagonisti Martha (Vanessa Kirby) e Sean (Shia Labeouf) e i diversi modi di interpretare il dolore. I due, complici all’inizio della pellicola nonostante provenissero da mondi diversi, si scoprono soli e distanti dopo la perdita della figlia.
«Ciò che è accaduto avrà pure un motivo ma non lo scopriremo di certo in quest’aula», sono le parole di Martha durante il processo contro l’ostetrica, accusata della morte della sua bambina. Perchè nel racconto di questa vicenda c’è un altro elemento che salta all’occhio: Pieces of a Woman è una storia non solo di dolore ma anche di superamento, come dimostrano alcuni simboli presenti nel film come il ponte attraversato dalla protagonista solo alla fine della vicenda.
Queste pellicole appaiono frutto della dichiarazione di un cinema contemporaneo segnato dalla perdita della favola e dall’immersione nella realtà, in cui la sofferenza è inevitabile e per rendersene conto, basta evocare le parole tratte dal trailer di Malcom & Marie:
«Questa non è una storia d’amore, questa è la storia dell’amore».