«Siamo riusciti a trovare un volo! Stiamo prenotando l’aereo per domenica». La voce di Andrea Venditti, ragazzo napoletano di 22 anni, trasmette la gioia di chi vede la via d’uscita da un licenziamento che per i 200 lavoratori italiani del parco divertimenti Disney di Orlando, in Florida, rappresenta anche la perdita improvvisa di un tetto sopra la testa. «Il 6 aprile ci hanno comunicato che il nostro contratto non sarebbe stato rinnovato e pochi giorni dopo ci hanno detto che avremmo dovuto lasciare entro il 17 del mese l’appartamento che ci avevano fornito ».
Duecento giovani senza lavoro e, di lì a poco, senza una casa. L’unica compagnia che garantisce l’arrivo in Italia vende i biglietti a circa 2.000 dollari l’uno. Soldi che i ragazzi italiani di Orlando non possono pagare. «Vivevo nel complesso di Patterson Court che ovviamente non è fornito dal Resort gratuitamente. Pagavo l’affitto come gli altri dipendenti. Con l’arrivo dell’emergenza Coronavirus ci aspettavamo la fine delle attività – racconta Andrea -. Magari non il licenziamento e sicuramente non uno sfratto in questi termini». Venditti si è fatto portavoce di 200 ragazzi di circa 25 anni, stabilendo anche i contatti con la stampa che è stata determinante nella risoluzione del problema. « I giornalisti ci hanno aiutato tanto. Avevamo provato a contattare la Farnesina ma senza ottenere grandi risultati. Con il loro aiuto siamo riusciti a raggiungere il nostro obiettivo: trovare il modo di tornare a casa senza dover pagare le cifre esorbitanti che ci proponevano le compagnie aeree. Abbiamo trovato un volo diretto Orlando – Milano che fa scalo anche a Roma. Lo paghiamo circa 1000 dollari e a caldo non saprei dire se questo è il prezzo giusto. Personalmente ho prenotato senza pensarci due volte, ma i colleghi che sono qui da meno tempo fanno fatica a reperire la stessa cifra».
Disney Wolrd Resort: la favola dei giovani lavoratori in cerca di fortuna
È un esercito di ragazzi quello che affolla lo staff di uno dei più grandi parchi divertimenti del mondo. Tra gli altri, animatori e camerieri riempiono gli alloggi di padiglioni interamente dedicati a ogni angolo del globo, come piccole nazioni in miniatura. Le reclute arrivano dal nostro Paese, dalla Francia, dall’Inghilterra, Marocco, Canada, Germania e Messico. Cercano la prima vera indipendenza economica o un’esperienza che per i più giovani segni il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta, con tutto quello che comporta l’allontanamento dalla propria patria. La maggior parte degli italiani trova lavoro nei ristoranti del resort. Quelli più bravi con le lingue, invece, vengono reclutati nel settore accoglienza. Si parte con un programma di scambio culturale, l’International Program at the Walt Disney World Resort. Prevede dai 12 ai 15 mesi all’estero, poi qualcuno decide di rimanere.
Anche per chi resta, spesso il parco divertimenti di Orlando è soltanto una tappa del cammino. Quasi sempre i ragazzi trovano un altro lavoro e, di conseguenza, cambiano abitazione, pronti a una vita fuori dai cancelli di una storia per bambini. Se per i turisti il mondo Disney è un luogo incantato dove tornare piccoli, per i giovani lavoratori rappresenta un vero e proprio percorso di formazione spesso ingiusto. Non esiste solo la possibilità di mettere da parte del denaro: c’è anche da fare i conti con licenziamenti improvvisi come questi e con veri e propri sfratti che per i dipendenti economicamente più svantaggiati significano biglietti aerei pagati a peso d’oro. «Chi lavora qui da meno tempo dovrà probabilmente chiedere soldi ai familiari – spiega Andrea -. Si tratta di un’immagine tragica se pensiamo a quello che sta succedendo nel nostro Paese. Però in tutti noi per ora prevale la gioia di aver trovato una soluzione a questo problema e di poter rientrare a casa senza passare da New York, che è una delle città col maggior numero di contagiati dal Covid-19. Avevamo paura di fare scalo lì».
Il passaparola per la fine del tunnel
All’inizio di questa vicenda, Andrea e i suoi 199 compagni hanno provato a percorrere soltanto la strada istituzionale. Poi c’è stato l’intervento della stampa italiana che ha dato una voce più ampia agli appelli pubblicati su instagram. Alcuni hanno tentato la via di twitter: un passaparola tra amici che ha fatto approdare la storia nei 180 caratteri del social azzurro. Ed è così che MasterX è venuto a conoscenza della vicenda, ora sulla strada di una risoluzione. «Per me sarà finita soltanto quando riuscirò a salire sull’aereo con i miei colleghi. Aspetto a cantare vittoria», racconta Venditti. Sono ore concitate per il ventiduenne napoletano: si sta accertando che tutti i suoi compagni siano riusciti a prenotare il biglietto aereo, coordinandosi con la Farnesina. Una storia che per ora sembra destinata a finire bene. Resta l’amarezza di un lavoro perso e di un’esperienza interrotta. Per coloro che sono economicamente più fragili, gli ostacoli sono maggiori. Però “casa dolce casa”, raccontano, è il sentimento che per ora prevale. Poi arriverà la quarantena, ma questa è un’altra storia.