Continua la psicosi del Coronavirus e questa volta a farne le spese sono gli alberghi milanesi. A febbraio, infatti, nel capoluogo lombardo erano previsti 40 mila arrivi di turisti cinese, ma ora i numeri si sono praticamente azzerati. L’associazione turismo e ricettività (Atr) di Confesercenti denuncia questo problema ed evidenzia che il crescente numero di cancellazioni è legato al panico generato dal virus che ha già ucciso oltre 900 persone. I numeri purtroppo non sono rassicuranti. Nel 2018 Milano ha ospitato 476.454 persone dalla Cina, di cui più di 42 mila solo nel mese di febbraio.
Ad esprimere la sua preoccupazione è stato Rocco Salamone, il presidente di Atr, che commenta: «Per il nostro settore il contraccolpo è stato immediato, dato che a Milano e provincia nel solo mese di febbraio 2020 erano previste oltre 40 mila presenze di turisti cinesi che ora si stanno azzerando. Già dai primi giorni di febbraio stiamo registrando un numero ingente di cancellazioni e questo equivale a perdite economiche. Secondo le nostre stime saranno vicine agli 8 milioni di euro. Milano sarà tra le città più danneggiate dagli effetti del Coronavirus, per questo lanciamo un appello alle istituzioni regionali e a quelle nazionali competenti per ammortizzare i danni al settore del turismo e in particolare a quello alberghiero».
Non solo gli alberghi, anche i ristoranti
Ma il problema non riguarda soltanto gli alberghi, coinvolge direttamente anche il quartiere milanese di Chinatown. Sono proprio i ristoranti di via Sarpi ad accusarne gli effetti negativi. Molti hanno subito un drastico calo delle presenze e uno ha addirittura chiuso. Si tratta del Wheat restaurant, in zona Loreto.
Il primo febbraio scorso i titolari avevano scritto il seguente post su Facebook: «Dopo una lunga e dolorosa riflessione su quello che sta succedendo nel mondo e soprattutto in Italia, con grande rammarico vi devo comunicare che abbiamo preso la decisione di chiudere per un po’ e sperare che le fake news finiscano. Alla fine siamo un ristorante che usa materia prima prevalentemente proveniente dall’Italia, al massimo dall’Europa. Tutto quanto è tracciabile in quanto vogliamo offrire la freschezza nei nostri piatti e sicuramente ordinare dalla Cina la verdura o il pesce o la carne ci conviene assai meno di prenderlo al supermercato dietro casa. Dal 2 febbraio 2020, giorno in cui avremmo dovuto festeggiare il capodanno cinese nella Chinatown milanese, abbiamo deciso di chiudere fino a data da definirsi».