E’ il 1990 e in Florida un uomo vestito da pagliaccio si presenta alla porta della signora Marlene Warren. In mano ha dei fiori, dei palloncini e una pistola con la quale le spara in faccia. Nessuno saprà mai cos’è successo davvero, né il movente dell’omicidio. L’opinione pubblica, così come la stampa, ha però un’idea precisa: a ispirare l’omicidio è stata la serie televisiva “It”, tratta dal romanzo di Stephen King. Un filone, quello dei pagliacci malvagi, la cui musa sarebbe stato John Wayne Gacy, amico di Manson, clown di professione e assassino seriale negli anni Settanta.
Sarà, ma non importa da chi o cosa parta un trend cinematografico. L’importante, a un certo punto, è solo quello che passa attraverso lo schermo. A poco vale il diritto del cinema di rappresentare le fragilità e le perversioni umane: quando una pellicola diventa esempio, la censura è quasi automatica, anche se non viene mai chiamata con il suo nome. Poteva succedere a Joker, il film di Todd Phillips che già è diventato un cult a pochi giorni dall’uscita nelle sale di tutto il mondo. Il motivo? La sparatoria compiuta nel 2012 in un cinema di Aurora, nel Colorardo. Il killer, travestito da Joker, ha sparato sulla folla causando decine di morti. La sala in questione ha deciso di non trasmettere la pellicola di Phillips, cedendo alle pressioni delle famiglie delle vittime. E l’antagonista di Batman ha spaventato anche l’Italia. Ai giornalisti invitati alle proiezioni per la stampa è stata fornita una lista di raccomandazioni e restrizioni.
Tutti gli antagonisti di Gotham City
Il motivo di tanta paura nel nostro Paese – quello che non vende le armi al supermercato e che, dunque, poco avrebbe da temere da un supercattivo dell’ultima ora – è stato un Joker armato in piena Milano, precisamente in zona Moscova. L’uomo è stato immediatamente fermato nonostante la sua pistola fosse in realtà giocattolo. Dopo qualche ora di agitazione, viene fuori che il giovane di 36 anni sta solo cercando di raggiungere una festa. Sì, forse un po’ alticcio, ma nulla che possa costringere le sale cinematografiche a trasformarsi in un carcere di massima sicurezza che neanche nel Miglio Verde. Il pubblico (con l’aiuto di certa critica) ha passato decenni ad interrogarsi su se le interpretazioni artistiche della realtà potessero influenzare la vita di tutti i giorni. Alla fine queste preoccupazioni sono state bollate come ingenuità bigotte. Ora però si ricomincia a prendere sul serio la possibilità che quello che appare sullo schermo, possa avere delle conseguenze.
La cronaca americana è popolata da assassini somiglianti a cattivi di film e fumetti, è vero, ma l’idea che il Joker di Phillips possa ispirare una strage è decisamente lontana. Dal 1990, i mezzi d’informazione hanno riferito per diverso tempo di crimini, rapine, aggressioni o addirittura scherzi compiuti da persone mascherate da antagonisti di qualunque supereroe. I più quotati, certo, sono sempre stati i pagliacci. A metà del 2015, nel sud della Francia viene arrestata una banda di quattordici clown armati di mazze da baseball, coltelli e pistole, ricercata per diversi mesi in seguito a segnalazione di aggressioni e rapine. Secondo l’opinione pubblica, non sarebbe stato un caso: la scelta inquietante dei personaggi sarebbe la diretta conseguenza della messa in onda, nel 2014, di American Horror Story, che ha rilanciato la moda dei pagliacci cattivi per diversi anni. Non dimentichiamo il trend tutto statunitense dei pranks, ovvero scherzi filmati e fatti circolare online, a metà tra la candid e l’aggressione. I protagonisti? I clowns, ovviamente.
Basta fare un giro su youtube per trovare innumerevoli video di passanti spaventati a morte che scappano in strade buie. Alle loro calcagna, qualche individuo truccato e vestito di tutto punto. Ci si sentirebbe di dire che non è colpa di nessuno se i pagliacci sono da sempre una delle espressioni più pure della bruttezza, ben prima dell’horror. Bastava vederli a certe feste di compleanno. Qualcuno li regala anche come bomboniere: riuscite a crederci? Comunque, si tratta di “terrorismo soft”, sicuramente spiacevole, che qualche volta causa conseguenze serie (vedi la categoria “pranks gone wrong” su youtube: è piena di clown inseguiti da gangster con la pistola).
I juggalos
Se parliamo di arte, è giusto che il cinema divida le sue colpe con la musica. Dopo l’affermazione del duo rap americano Insane Clown Posse, è nata una vera e propria subcultura che porta al fenomeno dei juggalos. Parliamo di un fenomeno sociale che si è esteso in vent’anni, con estensioni importantissime nel mondo della criminalità. I juggalos sono efferati e prediligono armi bianche come machete e asce.
Comunque, individuarli per strada non sarebbe difficile: visi truccate, creste variopinte e diverse modifiche apportate chirurgicamente al viso (vedi i denti affilati). In ogni caso, non tutti i juggalos passano il tempo colpendo passanti a colpi di machete: il nome arriva in realtà da quello che oggi chiameremmo “fandom”. Esattamente: parliamo dei fan del duo. Quelli che solitamente urlano e si strappano i capelli reggendo cartelloni, per intenderci. Ebbene, i juggalos, viste le radici proletarie, l’abbigliamento quantomeno bizzarro e l’alto tasso di criminalità presente fra le loro file, vengono ben presto classificati come gang. Il problema è iniziato nel 2011, quando l’FBI ha incluso nella sua lista anche i juggalos. I fan dei due rapper hanno iniziato a rivolgersi a loro per chiedere aiuto: alcuni sostengono di esser stati fermati dalle forze dell’ordine perché avevano sull’auto un adesivo del logo degli Insane Clown Posse, altri invece di aver perso l’affidamento dei figli per colpa della classificazione dell’FBI. Insomma, il tutto sfocia in una grande marcia di protesta avvenuta a Washington nel 2017. Ovviamente, i disordini sono stati quasi d’obbligo e la classificazione dell’FBI rimane.
Cinema e stragi
Un’ondata di suicidi reali seguì quello di Werther raccontato da Goethe. E nel Ventesimo secolo si è tornato a parlare di effetto Werther, per cercare di capire se l’industria culturale dovesse essere ritenuta in qualche modo responsabile di trasformazioni sociali. Nel 1994, il fim “Assassini nati – Natural Born Killers”, ha scatenato una serie di emulatori che hanno causato decine di morti. Sul grande schermo, una coppia di affascinanti criminali sadici percorreva l’America uccidendo persone senza un movente, attirando così l’attenzione morbosa della tv, che li aveva trasformati in eroi maledetti. Non molto tempo dopo, due adolescenti, in seguito a una notte trascorsa a vedere il film, spararono a due sconosciuti. Ugualmente paradossale fu il caso della sparatoria alla Caffetteria Luby’s nel 1991 in Texas. Si tratta della terza sparatoria più sanguinosa degli Stati Uniti e fu compiuta da un uomo che aveva appena visto “La leggenda del Re Pescatore” di Terry Gilliam. Ancora, l’autore del massacro al Virginiatech Institute, avvenuto nel 2007, si fotografò in pose simili a quelle del protagonista di “Old Boy”, uscito cinque anni prima.
La vita, insomma, potrebbe imitare l’arte o viceversa, ma quello che è certo è che non si può chiedere alla cultura di non rappresentare la realtà o le sue (possibili) degenerazioni. Da una parte, per alcuni, c’è il rischio che rappresentandole diventino più reali, come fare il nome di Lord Voldemort nella saga di Harry Potter. Ma Voldemort esiste: non nominarlo è scegliere di ignorare. L’arte non celebra il male; forse lo dipinge. Film, libri, musica o quadri non possono contenere immagini completamente inedite. C’è soltanto da capire se sia l’arte ad anticipare le nostre azioni o se sia il contrario. Una domanda che si potrebbe riassumere in questo modo: nasce prima Joker o il suo imitatore?