[Ultimi aggiornamenti 23 dicembre]
Secondo quanto riportato da Repubblica, che che cita fonti e autorità locali, Silvia si troverebbe con i due rapitori rimasti in una zona compresa tra due corsi d’acqua e causa maltempo sarebbero rimasti intrappolati. La polizia, come conseguenza a tali informazioni, avrebbe bloccato i fiumi a qualsiasi tipo di imbarcazione, possibile segno che il ritrovamento della ragazza potrebbe essere vicino.
Risultano però esserci alcuni malumori e incomprensioni tra le squadre di ricerca che rischiano di rallentare le indagini. Le forze dell’ordine sono divise in tre blocchi che faticano a comunicare tra loro e inoltre esitano ad operare sul campo perché non conoscono alla perfezione il territorio circostante.
La disorganizzazione nel gestire la situazione è dimostrata soprattutto dall’episodio del blitz fallito, che ha portato a centinaia di arresti ma che ha permesso alla banda di rapitori di fuggire, probabilmente perché avvisati da alcuni informatori.
[19 dicembre]
È passato un mese dal rapimento di Silvia Costanza Romano nel villaggio di Chakama, sulle coste del Kenya, avvenuto lo scorso 20 novembre. Quel martedì sera un gruppo di uomini armati ha organizzato un attacco nella contea di Kilifi lanciando prima un petardo e poi sparando indistintamente e ferendo cinque persone, tra cui due bambini. Approfittando della confusione si sono diretti nell’abitazione della volontaria italiana, che in quel momento era sola, dopo che gli altri volontari erano ripartiti per rientrare in Italia e in attesa di nuovi colleghi. La 23enne milanese si trova lì per una collaborazione con la Ong Africa Milele Onlus, originaria di Fano, che da tempo è attiva nella zona con diversi progetti di volontariato.
Le autorità locali non hanno ancora stabilito le ragioni dell’attacco. La prima ipotesi è stata subito che si trattasse di persone di origine somala, le quali avrebbero agito con l’intento di sequestrare la ragazza, probabilmente grazie all’aiuto di qualcuno dall’interno del villaggio, che avrebbe segnalato ai terroristi la presenza di una ragazza europea. Sempre ipoteticamente lo scopo è richiedere un riscatto.
Due giorni dopo i media locali annunciano che la polizia keniota ha arrestato quattordici persone per il rapimento di Silvia. Nessuna di queste fa parte dei sequestratori che ha prelevato la giovane ma potrebbero aver avuto contatti con loro, se non addirittura esserne proprio complici. È iniziata anche una caccia all’uomo: Said Abdi Adan è il principale sospettato.
Arriva una rassicurazione dal comandante regionale della polizia keniota Noah Mwivanda, che afferma senza dubbi la convinzione che Silvia Romano è viva. Grazie alla collaborazione dei quattordici arrestati le autorità sono riusciti a capire che la banda colpevole del rapimento era composta da otto persone, ma cinque di loro risultano fuggiti e quindi la ragazza si trova nelle mani di tre assalitori. Confermato il nome di Said Abdi Adan, si aggiungono anche Ibrahim Adan Omar e Yusuf Kuno.
Il 27 novembre il comandante regionale ancora conferma che la polizia è molto vicina a individuare i responsabili, grazie anche alla moltitudine di tracce che la banda ha lasciato dietro di sé e su cui si basano le ricerche.
Sono state ritrovate delle treccine bionde gettate nella foresta di Garse, riconosciute dalla parrucchiera stessa che le ha applicate a Silvia. Sono state rintracciate anche le moto utilizzate per attuare il sequestro. Inoltre grazie ai resti di cibo seminati dalla banda nella foresta hanno permesso alle forze dell’ordine di ricostruire il percorso e prevedere che i criminali fossero diretti in Somalia. In questo modo è stato possibile bloccare in tempo ogni strada possibile e attivare i droni per setacciare la zona dall’alto.
L’8 dicembre arriva la notizia da parte dei media locali dell’arresto di un alto ufficiale del Kenya Wildlife Service nell’ambito delle indagini per il rapimento della volontaria italiana. Questo arresto segue quello di un sergente del KWS, Abdullahi Bille, e di suo fratello. Tutti sono stati accusati di avere legami con i responsabili del crimine. Si ritiene che la 23enne milanese sia prigioniera nella zona della contea meridionale di Tana Delta.
L’11 dicembre la polizia amministrativa annuncia l’arresto di uno dei tre sospettati. Si tratta di Ibrahim Adan Omar, che è stato prelevato dalla sua abitazione nel villaggio di Bangale nella contea di Tana River, vicino al centro operativo delle forze dell’ordine che segue le indagini. Ora l’ipotesi è che la ragazza si trovi in ostaggio nei paraggi di Garsen e che i rapinatori abbiano modificato l’itinerario che prevedeva di attraversare il fiume Tana per poi raggiungere la Somalia. Mentre gli altri due sono ancora ricercati, resta ancora da chiarire il movente.
Risale al 18 dicembre l’ultimo aggiornamento secondo cui ieri sera è stata compiuta una retata dalle autorità keniote conclusasi con decine di fermi nel piccolo villaggio di Ijara. Secondo i media locali si parla di un centinaio di persone, tra cui anche donne incinte e bambini.
Tutte gli arrestati appartengono a una comunità chiamata Wardei, musulmani di origine somala, di cui si pensa facciano parte anche i responsabili del rapimento di Silvia. Alcune fonti raccontano che le persone coinvolte sono state lasciate all’aperto, al freddo e sotto la pioggia. Nelle prime ore dell’alba la polizia ha rilasciato donne e bambini e condotto gli uomini alla stazione di polizia. Alcuni sostengono di essere stati picchiati e brutalizzati dalle forze dell’ordine.
Il motivo di tale retata rimane un mistero e l’iniziale ottimismo sul ritrovamento della ragazza ha lasciato adesso il posto a un rigoroso silenzio riguardo le indagini in corso.