Israele sarà all’Eurovision. È ufficialmente arrivato il via libera dall’Ebu (Unione europea di Radiodiffusione), durante l’assemblea generale a Ginevra del quattro dicembre. Il Sì di Israele ha però innescato il No di alcuni paesi Europei: si parla di un boicottaggio iniziato con la Spagna, i Paesi Bassi, l’Irlanda e la Slovenia.
I PAESI CHE SI RITIRANO
Già nei mesi scorsi alcuni paesi avevano avvisato che non avrebbero partecipato all’Eurovision Song Contest 2026 se Israele fosse stato tra i concorrenti. Il motivo è politico: non permettere a Tel Aviv di gareggiare dopo le azioni militari condotte dal suo esercito nella Striscia di Gaza. Il quattro dicembre l’Ebu ha chiesto ai membri del gruppo di emittenti pubbliche di cinquantasei paesi di dire, attraversò un voto segreto, se approvassero il nuovo regolamento e se le modifiche apportate fossero sufficienti per mantenere Israele nella competizione, senza convocare un voto separato circa la sua partecipazione. La maggioranza ha votato a favore e la scelta ha innescato una reazione a catena che potrebbe costare caro al contest.

La Spagna è in prima fila in quello che i media definiscono un boicottaggio. Lo ha annunciato l’emittente pubblica spagnola Rtve, principale promotrice dell’azione anti-israeliana spiegando che «la decisione di Ginevra accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del festival e conferma le pressioni politiche che lo circondano». Grave perdita se si considera che il Paese, insieme a Italia, Germania, Francia e Regno Unito, è tra i Big Five del contest dal punto di vista dei finanziamenti.
Stessa linea scelta anche dall’emittente olandese Avrotros che ha dichiarato: <<La sua partecipazione non è compatibile con i nostri valori pubblici dichiarati». E ancora la televisione irlandese Rte è contro l’ammissione di Israele «alla luce della spaventosa perdita di vite umane a Gaza e della crisi umanitaria in corso che continua a mettere in pericolo la vita di così tanti civili». Stesso tono usato dalla Slovenia e un rappresentante del network Rtv ha affermato: « Lo facciamo a nome dei 20mila bambini morti a Gaza».
LA RISPOSTA DI ISRAELE

Insieme al passo indietro rispetto alla loro partecipazione, c’è anche la decisione di non trasmettere l’evento sulle emittenti nazionali, inclusa la finale. Se il loro No è definitivo, Belgio, Finlandia, Islanda e Svezia stanno valutando l’opzione di seguire lo stesso filone e ritirarsi dalla manifestazione. Hanno tempo fino al quindici dicembre per decidere e intanto gli animi si scaldano.
Nel cuore della bufera, arrivano le parole del presidente di Israele Isaac Herzog che ha invece celebrato la decisione di far partecipare Tel Aviv: «Israele merita di essere rappresentato su ogni palcoscenico del mondo». Ha poi aggiunto: «È un apprezzato gesto di solidarietà, fratellanza e cooperazione che simboleggia la vittoria su coloro che cercano di metterci a tacere e diffondere l’odio».
COSA STA SUCCEDENDO ALL’EUROVISION
Si chiama ancora Eurovision, ma forse è sempre meno tale. Il contest musicale nato nel 1956 aveva lo scopo di unire i paesi europei dopo la guerra, promuovendo la pace e la fratellanza attraverso la musica. Oggi l’evento coinvolge anche paesi extra-europei come Australia e Israele.
Sebbene l’idea originale fosse quella di focalizzarsi sulla musica e tenere fuori la politica dall’Eurovision, sempre più questa entra nella competizione sotto forma di pressione impellente sugli organizzatori, sul pubblico e sui partecipanti. Paul Jordan, esperto del concorso noto come “Dr. Eurovision” ha commentato: «Sta diventando un evento frammentato. Lo slogan è “United by Music”, ma il concorso è purtroppo disunito dalla politica».

Israele non sarebbe stato il primo ad essere escluso per motivi politici. È già successo nel 2021 con la Bielorussia dopo la rielezione del presidente Alexander Lukashenko, e poi nel 2022 quando la Russia è stata espulsa dopo l’invasione dell’Ucraina. Dall’inizio della guerra di Gaza i manifestanti pro-Palestina hanno iniziato a protestare contro Israele fuori dagli ultimi due Eurovision: a Basilea, in Svizzera, e a Malmö in Svezia. Ma adesso per alcuni paesi era necessario fare di più per esprimere il loro dissenso contro Tel Aviv. Alfonso Morales, segretario generale della spagnola Rtve ha affermato: «La situazione a Gaza, nonostante il cessate il fuoco, l’approvazione del processo di pace e l’utilizzo del concorso per scopi politici da parte di Israele, rendono sempre più difficile mantenere l’Eurovision come evento culturale neutrale».