Condannato il boss per le minacce a Saviano: «Mi hanno rubato la vita»

Un pianto liberatorio tra gli applausi per un’odissea durata 16 anni. La Corte d’Appello di Roma ha confermato le condanne al boss Francesco Bidognetti e al suo avvocato difensore Michele Santonastaso. Rispettivamente un anno e sei mesi e un anno e due mesi. Il motivo: le minacce di morte rivolte nel 2008, durante il maxiprocesso “Spartacus”, all’autore di Gomorra Roberto Saviano e all’allora cronista del Mattino Rosaria Capacchione.

Il processo “Spartacus”

All’epoca Saviano era già sotto scorta per le minacce ricevute negli anni precedenti da altri esponenti della criminalità organizzata. La protezione della Capacchione venne invece disposta in seguito a quelle intimidazioni.

Bidognetti, boss del clan camorristico dei Casalesi, e Santonataso erano accusati di minacce aggravate dal metodo mafioso, avvenute durante uno dei processi più importanti alla camorra, noto come processo “Spartacus”, che vedeva alla sbarra i vertici del feroce clan camorristico. Le minacce erano contenute in un documento che l’avvocato Santonataso pronunciò durante l’udienza del 13 marzo 2008.

L’Informazione mette paura

«Mi hanno rubato la vita», ha commentato Saviano, il quale dopo la lettura della sentenza ha abbracciato in lacrime il suo legale, Antonio Nobile, mentre alle loro spalle dall’aula partiva un applauso. «Sedici anni di processo non sono una vittoria per nessuno – ha aggiunto – ma ho la dimostrazione che la camorra in un’aula di tribunale, pubblicamente ha dato la sua interpretazione: che è l’informazione a mettergli paura».

Nel procedimento si sono costituite parte civile la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) e l’Ordine dei Giornalisti della Campania, sottolineando come questo caso sia paradigmatico delle pressioni che ancora oggi subiscono i cronisti che si occupano di criminalità organizzata. Per l’avvocato Giulio Vasaturo, legale dell’FNSI «Questa sentenza non è solo una condanna, ma un importante riconoscimento del valore costituzionale del lavoro giornalistico, e un monito a chi cerca di imbavagliare l’informazione».

Marco Fedeli

Laurea Triennale in Lettere (Università degli Studi di Milano)

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