Bello e insostenibile, l’industria cosmetica ha un forte impatto ecologico

Negli ultimi anni, diverse aziende hanno trovato soluzioni più rispettose dell’ambiente, ma c’è ancora molto da fare

Questo articolo è stato pubblicato sul cartaceo Master X di giugno 2025

Il mercato della bellezza è in continua crescita. Negli ultimi anni sempre più persone si sono abbeverate alla fonte dell’eterna giovinezza, comprando prodotti per la skincare e trucchi anti-age. E non stiamo parlando solo di chi ha superato gli “anta”: quello dell’aging like a milk – cioè la sensazione di invecchiare precocemente – è un dramma di giovani e adolescenti, cresciuti a pane e social nell’era della body positivity. Ora però l’industria del beauty si trova a un bivio: da una parte il costante aumento della domanda di prodotti, dall’altra l’impatto ambientale che questo aumento genera.

Lo stato dell’industria del beauty

Il problema principale riguarda gli scarti da imballaggio in plastica, che rappresentano circa il settanta per cento dei rifiuti del settore. Si stima che ogni anno vengano realizzate circa centoventi miliardi di unità di packaging per cosmetici. Il danno legato agli scarti in plastica è doppio. Primo: dei rifiuti che finiscono in discarica, solo il quattordici per cento viene avviato al riciclo, e solo il nove per cento di questi viene effettivamente riciclato.

Secondo: lo smaltimento della plastica è molto difficoltoso, a causa dei tempi lunghissimi di disintegrazione e del rilascio di microplastiche nell’ambiente. Queste, assieme agli scarti del packaging, se disperse nell’ambiente rappresentano una grave minaccia per la fauna di fiumi e oceani: stando a un report dell’Environmental Investigations Agency, negli ultimi anni oltre seicento specie marine sono state colpite dalla produzione e dallo smaltimento di prodotti cosmetici.

Il mancato riciclo della plastica, oltre ad avere delle ripercussioni ambientali, concorre anche ad acuire squilibri sociali tra le diverse popolazioni del globo. Come mostrato da Inequalities, la ventiquattresima Esposizione Internazionale di Triennale Milano visitabile dal 13 maggio al 9 novembre (vedi foto), a fare le spese – dal punto di vista economico e sanitario – dell’abbandono di rifiuti in plastica sono le comunità che vivono nelle zone più periferiche del pianeta. Basti pensare alla nota discarica a cielo aperto nel Deserto di Atacama, in Cile, ricettacolo degli sprechi del sistema iper-consumistico attuale.

Un problema scivoloso

Un altro dilemma è quello legato all’olio di palma, che dalle aziende di cosmesi viene usato per le sue proprietà di emulsionante delicato per la pelle. La coltivazione di questo ingrediente naturale – presente circa in due prodotti naturali su tre – ha contribuito a una forte deforestazione di zone del Sud-Est asiatico. A risentirne, in particolare, sono state Malesia e Indonesia, paesi dove viene prodotto circa l’ottantaquattro per cento dell’olio di palma a livello mondiale. Si stima che in questi luoghi ogni ora venga disboscata un’area equivalente a tre campi da calcio per far posto a colture oleaginose vegetali.

A destare preoccupazioni ecologiche è anche l’enorme quantità d’acqua che viene sprecata dall’industria del beauty. Sul banco degli imputati ci sono i prodotti per la cura dei capelli e quelli usati per il bagno o per la doccia. Nel 2020, il settore ha consumato quasi dieci milioni e mezzo di tonnellate dell’acqua a livello globale per la realizzazione dei suoi prodotti, ed è inoltre responsabile dell’inquinamento degli oceani e delle acque reflue.

All’inquinamento idrico si somma quella atmosferico. Di fatto, la produzione e il trasporto di prodotti cosmetici impattano sulle emissioni di CO2 e contribuiscono al riscaldamento del pianeta. In particolare, il cinquantanove per cento delle emissioni proviene dal lavaggio dei prodotti con acqua calda riscaldata con combustibili fossili, mentre il trenta per cento dal rifornimento di materie prime.

Soluzioni sostenibili 

Negli ultimi anni operatori del settore e consumatori si sono interrogati su come rendere ecologicamente sostenibile la bellezza. La spinta è venuta soprattutto dai giovani: secondo un sondaggio riportato da Forbes, il quarantaquattro per cento delle persone tra i diciotto e i trentasei anni afferma che la sostenibilità è molto importante nell’acquisto di prodotti di cosmesi.

Un risultato che ben traduce l’emergere di una nuova consapevolezza ambientale nella Generazione Z. Sempre più giovani, infatti, sposano soluzioni eco-friendly: ad esempio, scelgono prodotti ricaricabili – per un utilizzo continuo e duraturo dei flaconi – ed evitano prodotti usa e getta, valutando invece l’acquisto di beauty tool lavabili e resistenti.

Ma anche le aziende stanno facendo la loro parte. Una tendenza significativa nel settore del beauty, ad esempio, è stata la transizione verso un packaging sostenibile: i marchi stanno infatti adottando sempre più soluzioni biodegradabili, imballaggi privi di plastica e rimedi alternativi, finalizzati a contrastare il problema degli scarti del packaging.

Un’altra possibilità è quella di usare all’interno della formulazione cosmetica ingredienti di riciclo, come gli scarti dell’industria alimentare: in questo modo i rifiuti destinati allo smaltimento vengono convertiti in materie prime per prodotti di bellezza.

Pericoli di greenwashing

Le soluzioni verso una riduzione dell’impatto ecologico sono diverse e molte sono in fase di sperimentazione. Questa svolta, tuttavia, non è esente da rischi. Anzi: la trappola del greenwashing è sempre dietro l’angolo. Secondo un rapporto dell’Unione Europea, il cinquantatré per cento delle dichiarazioni ambientali fatte dalle aziende del settore del beauty nel 2020 si è rivelato vago, infondato o fuorviante.

Oggi, in Europa, sono due le direttive che stabiliscono regole specifiche per le dichiarazioni ambientali delle aziende, imponendo trasparenza e chiarezza: la Direttiva (UE) 2024/825 e la Direttiva sulle dichiarazioni ambientali esplicite, nota anche come Green Claims Directive. Si tratta di misure che intendono tutelare i consumatori, assicurando che le dichiarazioni sui prodotti siano verificate e attendibili. Le sfide dei prossimi anni sono molte, ma l’obiettivo è chiaro: rendere realtà il binomio bellezza-sostenibilità.

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