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Chiude la libreria di quartiere a Milano: «In Italia non si legge abbastanza»

Abbassano le loro saracinesche sempre più librerie indipendenti in Italia. L’ultimo caso è avvenuto poche settimane fa a Milano dove ha cessato la sua attività la Libreria di Quartiere, in viale Piceno. Una chiusura che arriva due anni dopo l’annuncio dello stop della libreria Brioschi, a Cascina Cuccagna. Una notizia non positiva per il nostro Paese, sintomo di un cambiamento importante nello scenario editoriale italiano. Gianluca Emeri, proprietario della Libreria di Quartiere, ci ha spiegato il suo percorso nell’ambiente, le sue difficoltà e le speranze future.

Com’è nata la Libreria di Quartiere?

Il progetto nasce nel 2003 con Marco Casiraghi, il mio socio d’allora. Volevamo creare una bottega culturale e amichevole che fosse un ricettacolo di idee. Un incrocio di pensieri che potesse generare un impatto sulla società milanese.

Perché ha deciso di intraprendere il lavoro di librario?

La mia famiglia aveva una libreria a Bolzano quando ero piccolo. La vita di negozio, quindi, mi ha sempre affascinato e volevo proseguire questa mia passione. Inoltre, i libri sono sempre stati il mio pane quotidiano. Era quindi una strada segnata.

Perché ora chiude?

Dopo trent’anni di attività sono un po’ stanco, ma soprattutto, compiuti i 60 anni, sono voglioso di nuove esperienze. Innanzitutto per una serie di circostanze, sono da solo a lavorare: non ho il mio socio di allora e il dipendente assunto non può rimanere. Inoltre, Libreria di Quartiere è attiva su tutto il territorio milanese con eventi esterni, per esempio con Bookcity. Per me è diventato impossibile fare tutto da solo, lavorando in bottega e durante gli appuntamenti. A ciò si aggiunge anche la fatica di un anno difficile economicamente e fisicamente, quindi ho deciso di chiudere. Ma c’è soprattutto la voglia di fare qualcosa di diverso.

Ha progetti futuri?

Il progetto futuro mi porta a Valle Lomellina, un paesino a 75 km da Milano. In particolare in un capannone situato nelle risaie: lì potrò esporre tutti i miei libri usati e il mio catalogo. Inoltre, conto di allestire diversi ambienti per realizzare video o podcast con personalità rilevanti, con l’obiettivo di chiacchierare in maniera gradevole dei fatti della vita. Questo progetto comprende anche la lettura di giornali e discussioni su alcune problematiche, ma sempre in maniera armoniosa. Poi, circa ogni due mesi, ho in programma di creare momenti di festa aprendo il capannone a tutti coloro che vorranno visitarci. La mia idea è di organizzare dei weekend in cui il pubblico può sia passare un momento di tranquillità, magari mangiando un risotto insieme o bevendo un bicchiere di vino, sia comprare i miei libri e i quadri che mia moglie ha realizzato all’Accademia di Brera.

Pensa che le grandi librerie prevarranno sempre di più sulle piccole librerie?

È un fatto oggettivo, come si può pensare che internet avrà un impatto ancora maggiore sulle piccole librerie. Ma è anche oggettivo che ciò succede solo in Italia, nonostante internet e le grandi marche ci siano anche in tutti i Paesi europei. Il problema secondo me è un altro: l’italiano non legge. I dati che avevo consultato qualche anno fa riportavano una situazione allarmante: nel nostro Paese il cittadino medio non arriva a leggere un libro all’anno, mentre in Germania, Francia e Inghilterra si legge 6-7 volte di più. Se quindi anche in Italia si desse più spazio alla lettura, probabilmente anche le librerie piccole avrebbero vita più lunga.

 

I dati di cui parla Gianluca sono anche confermati dall’Ail, Associazione Librai Italiani Confcommercio. In Italia, dal 2016 a al 2020 hanno chiuso circa 2300 librerie indipendenti. E i casi sono aumentati nei quattro anni post-pandemia. Inoltre, afferma Aie, (Associazione italiana editori) rispetto al 2018 vari elementi hanno portato le piccole librerie a soffrire. Innanzitutto, i lettori sono sempre più scarsi, mentre le grandi catene più numerose. Una competizione che risulta difficile da gestire. A ciò va aggiunto anche la presenza dilagante dei formati digitali (ebook e audiolibri), che prende una larga fetta di mercato.

Come si approcciano oggi i giovani alla lettura?

Da ciò che ho potuto vedere in questi anni con Libreria di Quartiere, i giovani leggono meno, ma dire non leggono è esagerato. Ma penso che una piccola variazione possa creare un grande divario. Ogni librario può dire che il lettore forte è quello di una certa età, il problema è che a mano a mano che il tempo passa, questi utenti tendono a esaurirsi. Sicuramente ci saranno nuovi lettori forti, ma ci sarà un cambiamento a livello anagrafico. In generale, credo che sia difficile coinvolgere i giovani con idee stimolanti. Forse è una difficoltà che ho io, dato che ho 60 anni, ma con l’idea giusta si può instaurare un ottimo rapporto. Anche perché una volta coinvolti, i ragazzi hanno molto entusiasmo nei confronti della cultura e della letteratura.

Come si può invogliare i giovani a leggere di più?

Sinceramente non lo so, non ho una soluzione. La mia intenzione, con il progetto futuro, è di fare un minimo di informazione sui canali social sotto Libreria di Quartiere. E ritengo che i social possano essere una via utile, ovviamente se usati in maniera non contrastante e non polemica. Con i modi corretti, i giovani si possono incontrare e sono fiducioso che ci sarà un cambiamento.

 

Quella di Gianluca non è solo una speranza per il futuro editoriale. È soprattutto il desiderio di un amante dei libri che la sua passione possa essere trasmessa alle prossime generazioni.

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