Verso i 20 anni dallo tsunami del 2004: Moses Onlus, una storia di speranza e solidarietà

Intorno alle otto del mattino del 26 dicembre 2004 un sisma di magnitudo 9,3, uno dei più violenti mai registrati, colpisce l’arcipelago indonesiano. Nell’arco di poche ore una serie di tsunami travolge i Paesi dell’Oceano indiano. 230.000 vittime, 40 di nazionalità italiana. Questo il bilancio di uno dei disastri naturali più catastrofici dell’epoca contemporanea. Ma tra i numeri di questa tragedia ci sono anche storie di rinascita come quella di Patrizia e Francesco. La coppia di turisti italiani quel giorno si trova a Khao Lak, piccolo villaggio della provincia di Phang Nga, in Thailandia. Sopravvissuti per miracolo alla furia delle onde decidono di trasformare il trauma in una missione: nasce così Moses Onlus. 

Una giornata meravigliosa
Patrizia Saccaggi, fondatrice e direttrice di Moses Onlus
Patrizia Saccaggi, fondatrice e direttrice di Moses Onlus

«Eravamo partiti per trovare un po’ di pace dopo un anno terribile», racconta Patrizia, ex insegnante di 65 anni. «Francesco solo qualche mese prima si era amputato due dita tagliando la legna. Avevamo bisogno di tranquillità». Khao Lak sembra il posto perfetto per trovarla. Un villaggio apertosi da poco al turismo. Un luogo meraviglioso. Pochi resort, popolati perlopiù da famiglie. 

Patrizia e Francesco trovano tutto ciò che cercano. Il tempo vola, leggero, fino al 26 dicembre, il loro ultimo giorno in Thailandia. «Era una giornata meravigliosa», ricorda Patrizia. I due decidono di trascorrerla in spiaggia. «Quella mattina avevamo avvertito una scossa di terremoto. Siamo scesi a fare colazione cercando notizie. Le persone del luogo erano tranquille, di conseguenza ci siamo tranquillizzati anche noi».

La coppia si sposta quindi in riva al mare. Patrizia rimane ancora una volta incantata. L’oceano che si ritira ai suoi occhi appare come un’insolita marea. Con Francesco inizia a camminare verso l’orizzonte, quasi ad inseguire il mare. I due si godono il paesaggio  finché Patrizia scorge qualcosa d’insolito: «Ho notato una cresta bianca in lontananza. In quel momento ho realizzato. Mio nonno mi raccontava sempre del terremoto di Messina». Patrizia capisce e grida. Avvisa Francesco, i due iniziano a correre. Intimano agli altri turisti di mettersi al riparo: «Tsunami, Tsunami, scappate». 

Alcuni turisti contemplano le onde a Khao Lak prima dello tsunami
Alcuni turisti contemplano le onde a Khao Lak prima di essere travolti dallo tsunami
Silenzio assoluto

«Ci siamo girati e abbiamo visto un’onda alta come un palazzo venire verso di noi. Nera come la morte. Un rumore assordante. Un odore terribile. Mi sono fermata, pronta ad abbandonarmi all’oceano. Ho rimesso l’anima a Dio e mi sono preparata a morire». Con queste parole Patrizia descrive i momenti antecedenti all’impatto con il muro d’acqua. È seduta su uno sgabello, in braccio Melina, il suo fidato bassotto. Parla dalla sede di Moses, alle porte di Bologna, ma la sua mente è ancora in Thailandia, forse da lì non se n’è mai andata. 

Una volta arrivata nei pressi della piscina Patrizia inizia a seguire la persone del posto, scappa con loro. «Francesco mi ha trattenuta. Se non fosse stato per lui sarei morta. Mi ha presa e mi ha spinta nel ristorante all’aperto, una sorta di grande gazebo rialzato». Il marito la solleva, la aggancia al palo portante della struttura e vi si issa a sua volta. «È grazie al gazebo – spiega Patrizia – che siamo sopravvissuti. Era chiuso su tre lati dalle cucine. Ciò ha impedito che l’onda ci trascinasse via, siamo rimasti al suo interno come se fossimo in una lavatrice».

I due restano così, attaccati al soffitto, anche quando l’onda si ritrae. «All’improvviso tutto si è fermato. Poi l’oceano è tornato in dietro. Mobili, travi… Ci è venuto tutto addosso. Eravamo ricoperti da ferite e lividi». Ma con l’acqua che se ne va, i due finalmente riescono a toccare di nuovo terra. Escono dal gazebo e si ritrovano davanti una scena apocalittica: «Un fango duro come il cemento. Corpi ovunque. Abbiamo iniziato a camminare, timorosi, temevamo i fili elettrici». Patrizia e Francesco non si fermano e raggiungono le colline dove poi, nella notte, verranno soccorsi. Sui 60 ospiti del loro resort sopravvivono solo in 16.

La devastazione prodotta dallo Tsunami a Khao Lak
La devastazione prodotta dallo Tsunami a Khao Lak
Una vita in dono

«Il 9 gennaio rientro a scuola. Uno dei miei bambini di seconda elementare, Tommaso, mi chiede: “Maestra perché sono morti così tanti bambini, ma tu sei sopravvissuta?“». Quella di Tommaso è una domanda che Patrizia si pone tutti i giorni. Ed è anche per rispondere a questa domanda che nasce Moses Onlus.

Francesco Baietti, presidente e socio fondatore di Moses Onlus
Francesco Baietti, presidente e socio fondatore di Moses Onlus

«Ci è stata donata nuovamente la vita. Una vita in dono non puoi sprecarla. Non puoi continuare a vivere come prima. Abbiamo sentito il bisogno di restituire». Il 10 marzo 2005 i coniugi, con l’aiuto di un’altra coppia di amici italiani sopravvissuti allo tsunami, fondano Moses. Patrizia e Francesco tornano in Thailandia e mentre affrontano il trauma, si rimboccano le maniche per aiutare la popolazione travolta dal disastro. Qui prende la parola Francesco, inizia a spiegare nel dettaglio come si siano attivati sul territorio, i contatti necessari, le difficoltà del caso. Il 27 luglio 2006 viene inaugurato il villaggio, Moses ha realizzato tredici case per la comunità.

Un grande successo. La coppia rimane però spiazzata. E ora? «Il nostro obiettivo era quello di meritarci la vita che ci era stata ridata – spiega Francesco – Terminato il villaggio non sapevamo più cosa fare». È  l’ambasciatore danese a coinvolgere i coniugi in un nuovo progetto: stanno realizzando una serie di learning center per i figli degli immigrati birmani, per potergli garantire un futuro migliore. Patrizia e Francesco vengono subito catturati dall’idea e scoprono mano a mano la grande crisi umanitaria, vissuta da questa popolazione. Da lì in avanti Moses continua a crescere, si specializza su più fronti e in diverse regioni, ma ha sempre come minimo comune denominatore la solidarietà. 

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