Esce il 26 novembre per Sellerio il nuovo libro postumo di Andrea Camilleri, morto il 17 luglio 2019. Si tratta di un epistolario che raccoglie circa duecento lettere destinate ai genitori. All’interno si traccia un ritratto del giovane scrittore dal 1949, anno in cui si trasferisce nella capitale e inizia a frequentare l’Accademia d’Arte Drammatica, al 1960, quando i genitori si trasferiscono a Roma.
Il manoscritto
Le lettere sono state raccolte nel libro “Vi scriverò ancora. Lettere alla famiglia 1949-1960″ a cura di Silvano Nigro con la collaborazione delle figlie dello scrittore. È stato «un importante e inaspettato ritrovamento fra le carte di nostro padre» spiegano in una nota al libro le figlie dello scrittore. Secondo il curatore «Tutte insieme, le lettere sono quanto di più vicino ci sia a un diario».
Il rapporto con i genitori
L’epistolario ha come interlocutore privilegiato la madre, Carmelina Fragapane, a cui Camilleri fa un rendiconto della sua vita quotidiana. In una lettera del 15 agosto 1953, lo scrittore spiegava come fosse difficile per lui trovare lavoro a Roma – «Non vorrei che ti facessi soverchie illusioni, non c’è lavoro, da nessuna parte».
Il giovane Camilleri
Secondo Nigro «Le lettere sono un bollettino feriale, il giornale di trincea scritto da uno studente che combatte ogni giorno contro mille difficoltà». Mentre studia regia teatrale Camilleri fa subito amicizia con Vittorio Gassman, giovane attore del teatro di posa. Deve inventarsi ogni giorno un alloggio provvisorio. La sua giornata è scandita dal lavaggio della biancheria e la ricerca di un ristorantino alla portata delle sue tasche semivuote.
Camilleri è il primo a scoprire in Italia il drammaturgo francese Jean Genet. «È venuto a trovarmi a Roma da Parigi… È rimasto soddisfatto della mia traduzione, sono stato a pranzo con lui e mi ha fatto conoscere Sartre». Firma l’allestimento prima teatrale e poi radiofonico di Finale di partita di Beckett. Realizza regie per il produttore teatrale Carcano. Il loro rapporto finisce a male parole e a schiaffi. «Il nostro ambiente, quello del teatro, è lurido ed io riesco a starci solo perché mi sono fatto tutta una mia vita al di fuori di esso».
A cura di Marco Fedeli