La nuova rivolta ungherese ha uno slogan: tisztelet és szabadság, rispetto e libertà. O, in breve, Tisza, il partito rivelazione delle elezioni europee 2024 passato dallo zero assoluto al 32% dei consensi. A guidare questa ondata è un uomo passato dal diavolo all’acquasanta: Péter Magyar. Biondo, 43 anni, un passato in politica ad altissimo livello, il nuovo leader ungherese ha portato una formazione quasi sconosciuta, nata nel 2021, a catalizzare i voti dell’opposizione al primo ministro filorusso Viktor Orbán.
Da allineato a oppositore
Magyar è stato per anni una figura di spicco di Fidesz, il partito al potere ormai dal 2010, con incarichi in Unione Europea, al Ministero degli Esteri e in altri uffici governativi. Allineato alla politica del partito egemone, la sua fedeltà va in pezzi a febbraio 2024, quando la presidente della Repubblica Katalin Novák viene spinta a dimettersi a causa della grazia concessa, circa un anno prima, al vicedirettore di un orfanotrofio, accusato di pedofilia e violenza sessuale.
Magyar, disgustato dal silenzio di Fidesz che, per un anno, aveva coperto la vicenda, si dimette da tutti gli incarichi. In parallelo, tra social, radio e tv va all’attacco. Orbán? Un corrotto. La linea del governo? Un prodotto politico fatto per avvantaggiare pochi ricconi. «Oligarchi» li chiama lui, come i membri dell’establishment di Vladimir Putin in Russia. E ancora, le misure sociali, educative e sanitarie sono insufficienti. Da ultimo, l’esecutivo viola lo stato di diritto imbarazzando il popolo magiaro.
La discesa in campo
Nessuno si aspettava il seguito popolare di queste affermazioni. Già il 15 marzo decine di migliaia di cittadini si ammassano nelle strade di Budapest per partecipare a un comizio di Magyar. La data, la stessa dell’inizio della rivoluzione del 1848, è un segnale chiaro, a cui segue la decisione di fondare un partito.
Ad aprile una nuova manifestazione, con oltre 100 mila partecipanti. Il dissidente prende una decisione e, nel giro di poche settimane, si unisce a Tisza, una formazione che langue attorno allo zero Kelvin della politica. La scelta non è casuale: le posizioni sono simili alle sue e, non avendo un vero consenso, Magyar può presentarsi come rinnovatore e agire come gli pare.
Il trionfo
Dallo zero al 32%, Tisza schizza al secondo posto, subito sotto Fidesz. Gli altri partiti di opposizione, che il dissidente aveva bollato come «marionette di Orbán», si vedono togliere gran parte dei voti. Lo stesso primo ministro cala: dal 53 al 44, non ci vuole un genio per capire che quel 9% è passato nelle mani di Magyar. Le prossime settimane ci diranno chi, in Europa, beneficerà del cambio di passo ungherese.
l “nuovo partito” ha posizioni populiste come gli avversari governativi, e risulta non iscritto ad alcun gruppo. Per il momento, Péter Magyar festeggia: «Il voto europeo è stato una Waterloo della macchina di potere di Orbán. L’inizio della fine». La prossima data da segnare sul calendario è l’aprile 2026. Che lo strapotere del premier magiaro sia alla fine? E soprattutto, l’Ungheria cambierà davvero?