Russiagate, nuovi capi di accusa per Manafort e Gates

Nuovi risvolti sul Russiagate: il procuratore speciale, Robert Mueller, ha emesso 32 capi di accusa – tra i quali figurano la frode fiscale e quella bancaria – nei confronti di due ex membri dello staff per la campagna elettorale di Donald Trump, Paul Manafort e Rick Gates. Essi ricoprivano rispettivamente il ruolo di capo della campagna e di braccio destro (in affari e politica) del tycoon.

Secondo Mueller, Manafort e Gates avrebbero riciclato e intascato 30 milioni di dollari, «agendo a favore di governi e politici stranieri» tra il 2010 e il 2015. L’anno successivo i due divennero figure chiave della campagna elettorale del candidato alla Casa Bianca.

Le nuove imputazioni si sono aggiunte a quelle formulate dal procuratore speciale l’ottobre scorso, quando Manafort e Gates erano stati accusati di «cospirazione» e «riciclaggio di milioni di dollari» esercitando attività come lobbisti al servizio del governo e del presidente ucraino. I 32 nuovi capi di accusa seguirebbero lo stesso filone d’inchiesta.

Paul Manafort, ex capo della campagna elettorale di Trump

L’attività «in nero» svolta dai due imputati per ora non sarebbe legata alla campagna elettorale di The Donald, nella quale sia Manafort che Gates rivestivano ruoli primari.

Dalle indagini è emerso che, complessivamente, questa attività avrebbe reso ai due uomini 75 milioni di dollari, che sarebbero successivamente transitati sui loro conti offshore. Di questi 75 milioni, 30 sarebbero stati riciclati e tenuti nascosti al dipartimento del Tesoro e della Giustizia da Gates e Manafort. Quest’ultimo avrebbe poi evaso le tasse dal 2010 al 2014 – reato grave negli Stati uniti – e non avrebbe mai denunciato di possedere diversi conti bancari all’estero.

Rick Gates, ex braccio destro nella campagna elettorale di Trump

(chc)

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