Intervista ad alcuni esponenti della comunità somala in Italia
“La comunità somala è sconvolta. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte avrebbe dovuto spiegare la storia agli italiani. Quella non è la nostra Somalia“.
Giovanna Graziano, presidente dell’Associazione Comunità ItaloSomala 1920-1960 aps commenta il caso di Silvia Romano così: «E’ facile associare l’abito che indossava Silvia al suo rientro in Italia con il terrorismo ma quelli non sono i nostri abiti. La Somalia è un Paese in guerra e quello non è Islam. Io sono cattolica, mia madre musulmana ma in casa mia esisteva il rispetto per tutte le religioni. Non è scritto in nessun testo sacro di uccidere in nome di Dio. E’ l’uso che ne facciamo delle religioni il vero problema. Manca l’istruzione, la conoscenza e il dialogo».
«Prima dello scoppio della guerra civile del 91, si potevano notare vari stili architettonici in armonia. La capitale era un piccolo centro cosmopolita. Molti non sanno che oltre ai Somali con varie etnie differenti, ci vivevano eritrei, yemeniti, etiopi, italiani, pakistani, egiziani, americani e altri abitanti provenienti da altre nazioni – sottolinea e continua – Mogadiscio oggi, si presenta devastata da 29 anni di guerra civile, dopo che con vari tentativi più o meno opinabili è stato cercato di mediare per la pace, prima dagli americani poi dagli italiani. Successivamente anche attraverso l’Etiopia e le truppe Africane Onu».
Riccardo Marvona, sales manager presso l’ azienda italiana Leonardo S.p.A. attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza dice: «Ho lavorato in diversi Paesi e sono ritornato in Somalia dopo 40 anni perché la compagnia ha voluto il ripristino di 8 aeroporti. L’obiettivo era quello di far tornare questa nazione quello che era in passato. Mia mamma è somala e questo era un riconoscimento nei confronti della mia madre terra, quindi delle miei origini. Volevo dare il mio supporto»
«Purtroppo, però, questo Paese ci ha perso. Noi italo-somali avremmo potuto rappresentare il post-colonialismo e il futuro della Somalia. Avevo più o meno 20 anni quando sono stato costretto a lasciare la mia terra. Dopo il colpo di Stato, infatti, sono venuto in Italia. Molti non ricordano il passato coloniale. La Somalia è un ex colonia italiana e chi conosce la storia, sa benissimo che quella non è la terra come la ricordo io quando ero piccolo».
«Lo Stato dovrebbe essere laico», dice Amin Nour, socio fondatore dell’associazione NIBI: Neri Italiani-Black Italians. Nato in Somalia, a Mogadiscio, durante la guerra civile ha assistito al genocidio di quasi tutta la sua famiglia. Nel 1991, all’età di 4 anni, è riuscito ad arrivare in Italia. «Molti somali conoscono bene la realtà dei gruppi terroristici che ancora oggi stanno distruggendo la Somalia. Molte madri hanno cercato di salvare i propri figli portandoli in Europa»
«Questi gruppi terroristici sono finanziati da tanti Stati interessati a destabilizzare la popolazione e molti si aggrappano alla religione per sopravvivere. Io sono agnostico ma nelle condizioni in cui si è trovata Silvia sarei diventato musulmano immediatamente»
«E’ vergognoso il modo in cui hanno gestito il suo rientro in Italia– e conclude – E’ stata salvata dai terroristi per ritrovarsi in pericolo a casa sua».