Da ‘America First’ a un nuovo atlantismo, come cambia la politica estera americana. Intervista a Francesco Costa

A sei mesi dai fatti di Capitol Hill e dalla cacciata di Donald Trump dallo studio ovale, è possibile fare un primo bilancio sulla politica estera americana? Il moderato presidente Biden ha dato un’impronta tutt’altro che moderata all’atteggiamento americano nei confronti dei grandi temi che stanno al centro della scacchiera internazionale. Dal tentativo di ripristinare l’accordo sul nucleare con l’Iran alle accuse frontali al presidente russo Putin sulla questione dei cyberattacchi, passando per il rilancio dello spirito atlantico e il riposizionamento della NATO in punta agli equilibri di potere occidentali. E poi lo scontro, ideologico ma soprattutto commerciale, con la Cina di Xi Jinping. Un contrasto che rispetto all’era Trump appare oggi rimodulato nei toni, ma immutato nella sostanza.

Il G20 dei ministri degli esteri, presieduto da Luigi di Maio il 29 giugno a Matera, ha costituito per gli Usa un’ulteriore occasione per ricordare all’alleato italiano l’importanza dei valori atlantisti. Valori che, più o meno esplicitamente, impongono al nostro governo una certa presa di distanza da Pechino e dalle sue iniziative commerciali. Nel servizio, realizzato per l’edizione del 2 luglio di TG MasterX, il vice direttore de “Il Post” Francesco Costa delinea divergenze e affinità tra la politica estera di Joe Biden e quella del suo predecessore, nel tentativo di inquadrare il futuro dei rapporti tra Washington e Pechino.

Nicola Bracci

Ha 25 anni. È nato e cresciuto a Pesaro e si è poi trasferito a Milano. Legge e scrive di tematiche sociali e geopolitica per interesse, di sport per passione. Ora al quotidiano Domani.

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