Dopo le minacce incrociate arrivano le ritorsioni diplomatiche: “Gli Usa mi hanno negato il visto per partecipare al Consiglio di sicurezza Onu”, ha dichiarato il Ministro degli Esteri iraniano Mohammad Zarif . “Il segretario di stato americano Mike Pompeo ha detto che non hanno avuto il tempo di farlo ma non esiste solo New York e quindi parlerò al popolo americano da Teheran”, ha promesso Zarif. L’incontro era atteso per giovedì, prima dell’uccisione del generale Qasem Soleimani.
Intanto a Kerman, terzo giorno di cerimonia funebre per il generale iraniano, ucciso venerdì in un raid americano. La celebrazione è stata interrotta per la morte di 50 persone nella calca. 213 invece sono i feriti travolti dalla marea di persone che si sono ritrovate in piazza a manifestare il loro supporto. Il campo di battaglia tra Iran e Stati Uniti però sembra essere l’Iraq. Con Soleimani, l’Iran è diventato sempre più decisivo sulla politica irachena.
Il generale a capo delle forze Quds dei Pasdaran è l’artefice della strategia iraniana in tutto il Medio Oriente. Dalla Siria all’Iraq passando per lo Yemen, la sua mano è presente in ogni fronte in cui sono coinvolti alleati dell’Iran o forze collegate a Teheran.
La costruzione della cosiddetta mezzaluna sciita dal territorio iraniano al Mediterraneo orientale passa per forza dall’Iraq. Passaggio necessario per le sue forze che vanno in Siria, l’Iraq è un Paese fondamentale per la strategia degli Ayatollah.
Per l’Iran, il controllo dell’Iraq significa aprire un secondo fronte ancora più importante nella lotta allo Stato islamico. Intanto, per ragioni di sicurezza, la Nato ha sospeso le missioni di addestramento delle forze irachene nella lotta contro l’Isis e la Germania ritirerà trenta dei suoi soldati presenti sul territorio per trasferirli da Baghdad in Giordania e Kuwait.