Generali, il duello finale

Il rinnovo del cda

Occhi puntati sull’attesissima assise di venerdì 29 aprile che deciderà, in modalità streaming, le sorti del Leone di Trieste.  Alle 12 di stamattina è scoccato l’ultimo rintocco per esprimere il proprio voto verso uno dei due blocchi che si contendono il potere nella battaglia finanziaria più aspra degli ultimi dieci anni. Da un lato lo schieramento del cda che vuole la conferma del vertice in carica Philippe Donnet, per il terzo mandato consecutivo, dall’altro quello di Francesco Caltagirone, proprietario di una quota pari al 9,49% nonché padre dell’ambizioso piano Awakaning the Lion, programma su cui ha basato la sua campagna elettorale. La sua lista, appoggiata anche da Del Vecchio e Fondazione Crt, vede alla presidenza l’ex banker di Goldman Sachs e ex presidente di Cdp Claudio Costamagna e Luciano Cirinnà, l’ex responsabile per Austria ed Est Europa di Generali, nel ruolo di amministratore delegato. Un candidato al ruolo di ad, che si oppone al business plan che lui stesso aveva contribuito a redigere prima di essere sospeso dal suo incarico in Generali per violazione degli obblighi di lealtà.

Le due liste testa a testa

 La lista del cda raccoglie le adesioni dei fondi internazionali dietro le indicazioni dei principali proxy advisor, Iss e Glass Lewis. Il consiglio uscente dovrebbe avere il sostegno del 2% degli istituzionali, la maggior parte quindi tra coloro che finora si sono dichiarati e che in totale rappresentano oltre il 30% del capitale della compagnia. Il dirigente francese può inoltre contare su Mediobanca (17,2%) e su De Agostini (1,4%) per una quota al momento quantificabile intorno al 21%. La lista di Caltagirone ha il supporto certo di un altro 21% del capitale, diviso tra le quote del gruppo del costruttore romano, della Delfin di Leonardo Del Vecchio e della Fondazione Crt. Una sfida tutt’altro che scontata dove la famiglia Benetton (3,96%), da sempre vicina alle posizioni di De Vecchio, potrebbe rappresentare l’ago della bilancia. Rimangono due grandi punti interrogativi aperti su quali decisioni sposeranno i veri arbitri della partita, gli investitori istituzionali, quanti sono quelli ancora investiti nel capitale di Generali.

La terza lista

I due blocchi principali non sono gli unici che si contendono la gestione del Leone. La lista di minoranza Assogestioni è stata presentata dall’Associazione che riunisce i fondi comuni e le società di gestione del risparmio. Investitori istituzionali che si trovano davanti a un paradosso avendo fatto ingenti investimenti in una società per la fiducia riposta nel management, ma che dall’altro votano per una lista che non è quella del cda uscente ma quella di minoranza di Assogestioni che ha il compito di controllare gli stessi manager.

L’incognita dell’affluenza

 Massima incertezza sull’affluenza, la partecipazione all’ultima assemblea è stata pari al 51,52% del capitale sociale, mentre all’incontro deputato a decidere sul rinnovo delle cariche sociali del 2019 l’affluenza aveva raggiunto il 55,88%. Secondo indiscrezioni sino a pochi giorni fa hanno chiesto di partecipare soci con azioni pari al 54%, le aspettative sono dunque positive e prevedono una quota addirittura superiore al 65 %, ma solo quando verrà dichiarata aperta l’assemblea si conoscerà il numero preciso di chi ha realmente votato. Il dato è determinante per l’esito della votazione: maggiore sarà la partecipazione all’assemblea più alto sarà il gap che la lista del board uscente dovrebbe avere su quella della controparte.

Una battaglia non definitiva

Non è detto che la grande sfida finisca davvero venerdì, proprio l’entità del distacco sarà decisiva per un eventuale riapertura dello scontro in futuro. Costamagna ha infatti annunciato che se la vittoria non registrerà uno scarto di almeno il 6%, darà il via a un contenzioso legale “perchè sarebbe inaccettabile che la lista del cda venisse eletta con un distacco inferiore al 6%, visto che il giorno dopo quel 6% di voti sparirebbe, perché i titoli di Mediobanca e di De Agostini vengono a scadenza”. L’alternativa è che Caltagirone chieda un’assemblea straordinaria di Generali per provare a ribaltare il tavolo del board.

 

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