ZELENSKY SUL FUTURO DELL’UCRAINA: «MI DIMETTO SE ENTRIAMO NELLA NATO»

Un’Ucraina senza il presidente Volodymyr Zelensky. Potrebbe essere il futuro del Paese, se Kiev avesse la possibilità di entrare nella Nato. È ciò che ha sostenuto il capo dello Stato nella sala dell’Hotel Intercontinental durante la conferenza dedicata all’anniversario del terzo anno di guerra. Uno “scambio” che, ha spiegato Zelensky, risulta essenziale per garantire la sicurezza dell’Ucraina, al centro dei negoziati tra Russia e Stati Uniti.

Il futuro dell’Ucraina

Il presidente ucraino è così tornato a parlare della necessità che l’esercito nazionale venga sostenuto dalla forza militare europea unitaria. E solo con le garanzie armate si è mostrato disposto a un eventuale concessione territoriale per sancire gli accordi che porranno fine al conflitto. I giorni scorsi, su Telegram, Zelensky aveva anche ribadito che: «Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l’Ucraina. Ci vuole la forza di tutta l’Europa, la forza dell’America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura». L’idea di una futura Ucraina nella Nato ha spaccato le opinioni. Da una parte la Commissione Europea ha riconfermato l’«incrollabile sostegno all’Ucraina dal punto di vista finanziario e militare». Dall’altra la proposta è malvista dalla Russia, che definisce l’ingresso come una «minaccia diretta» alla nazione.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e l’omologo statunitense Donald Trump
Tra guerra ed elezioni

In nome di una possibile salvezza per il Paese, Zelensky non solo si è detto propenso a lasciare il suo ruolo, ma anche a passare sopra le offese personali rivoltegli dal presidente americano Donald Trump. Il tycoon, infatti, l’aveva definito un «dittatore mai eletto» che si «rifiuta di indire elezioni». Alle provocazioni, l’omologo ucraino ha precisato sia che il suo ruolo è legittimamente giustificato dalle elezioni popolari sia che non ha intenzione di restare al potere per decenni, come altrimenti farebbe un vero dittatore. Ma soprattutto ha spiegato il motivo dietro le mancate elezioni ucraine, che si sarebbero dovute tenere a distanza di cinque anni dall’ultimo voto, avvenuto nel 2019. La legge marziale, infatti, impedisce di organizzare le elezioni e senza un cessate il fuoco non ci sarebbero le garanzie necessarie per indire il processo elettore.

Le terre rare

Durante il forum, inoltre, Zelensky ha parlato di un possibile accordo economico con gli Stati Uniti in cambio di un aiuto continuo all’Ucraina. L’intesa consentirebbe a Washington di accedere alle risorse minerarie ucraine alle cosiddette terre rare, ovvero un gruppo di 17 elementi della tavola periodica dal valore complessivo di 11 miliardi di dollari. Materie prime utili per l’industria tecnologia, medica e della difesa, di cui Kiev ha a disposizione sia giacimenti sia depositi. L’offerta risulta appetibile per Trump, visto il minor possedimento statunitense di terre rare rispetto ai competitor. Gli Stati Uniti, infatti, hanno 1,9 milioni di tonnellate di riserve, venendo dopo Cina, Brasile, India, Australia e Russia. Sul piano economico, quindi, risulterebbe fondamentale per Washington. L’apertura potrebbe essere accettata dall’Ucraina, ma solo con la certezza che Putin «ponga fine a questa guerra» ha dichiarato Zelensky.

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