Il Venezuela diventa ufficialmente terreno di scontro tra Stati Uniti e Russia. Il giorno dopo il tentato golpe da parte dell’autoproclamato presidente Juan Guaidò, gli Stati Uniti hanno fatto sapere di non escludere un’azione militare, scatenando la reazione della Russia.
Mike Pompeo, Segretario di Stato degli Stati Uniti, ha dichiarato che gli Usa potrebbero agire militarmente in Venezuela per restaurare la democrazia «anche se preferiremmo una transizione pacifica del potere». Tali parole sono arrivate in seguito alla possibilità, riportata dal Corriere della Sera, che Juan Guaidò possa essere arrestato. La reazione del Cremlino è stata immediata. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha ammonito gli Usa, parlando direttamente al telefono con il suo collega americano: «E’ una violazione flagrante del diritto internazionale che non ha nulla a che fare con la democrazia», ci potrebbero essere «gravi conseguenze».
Altrettanto dura la replica di Pompeo, che ha accusato la Russia e Cuba di «voler destabilizzare» il Venezuela e di voler mettere in pericolo le relazioni tra Washington e Mosca. Per questo motivo il capo del Dipartimento di Stato ha intimato ai russi di cessare il sostegno al presidente Maduro.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è invece scagliato contro Cuba, minacciando l’embargo: «Se le truppe e le milizie cubane non cesseranno immediatamente le operazioni militari e di altro genere allo scopo di causare la morte e la distruzione della Costituzione venezuelana, imporremo un embargo totale sull’isola insieme a più sanzioni» ha scritto in un tweet.
Nel frattempo in Venezuela non cessano le proteste. L’autoproclamato presidente Guaidò ha annunciato un programma di scioperi scaglionati nelle amministrazioni pubbliche, in modo da far convergere tutti i settori in uno sciopero generale.
Nella giornata del 2 maggio si sono verificati altri scontri per le strade e la Guardia nazionale bolivariana ha dovuto gas lacrimogeni per disperdere la folla.