Anche il Senato americano voterà contro lo stato d’emergenza indetto dal Presidente Donald Trump per costruire il muro al confine tra Stati Uniti e Messico.
L’annuncio è arrivato dal leader dei senatori Repubblicani, Mitch McConnell, che ha confermato che saranno ben quattro i Conservatori che si esprimeranno a favore della soluzione Democratica: la revoca dello stato d’emergenza, che era stata approvata dalla Camera a fine febbraio.
A Susan Collins, Lisa Murkowski e Thom Tillis, che già si erano espressi in tale direzione, si è infatti aggiunto il rappresentante del Kentucky Rand Paul: con il suo voto, la maggioranza di 51 seggi dovrebbe essere assicurata, così come l’approvazione della mozione di revoca.
Proprio Paul, considerato tra gli uomini più vicini a Trump, nel weekend aveva scritto che il voto «non riguarda l’immigrazione e non riguarda un presidente Repubblicano o Democratico», bensì una questione di principio sulla separazione dei poteri tra Presidente e Congresso. Secondo Paul infatti, Trump avrebbe abusato della misura, che andrebbe emanata unicamente in caso di crisi eccezionali per spendere fondi pubblici senza l’autorizzazione del Congresso.
La data del voto non è ancora stata fissata, ma con ogni probabilità sarà ufficializzata prima del 15 marzo, quando il Senato sospenderà le attività per un periodo di vacanze. Se la mozione verrà approvata come sembra, Trump sarà costretto a porre il veto sulla risoluzione, rispedendo il testo al Congresso e congelando la situazione: sarebbe la prima volta per il Tycoon nel corso del suo mandato.
Il voto del Senato contro il Presidente non avrà quindi conseguenze concrete, ma rappresenta comunque un segnale d’allarme per l’amministrazione Trump, che non ha saputo mostrare coesione dinanzi ad una delle misure centrali del progetto, generando una spaccatura in seno ai Repubblicani.
Anche nel caso in cui lo stato d’emergenza non venga bloccato dal Congresso, potrebbe ugualmente essere sollevato da un tribunale: sedici stati americani avrebbero già presentato un ricorso contro Trump, portando la questione all’attenzione della Corte Suprema.