Golden power su Bpm, Unicredit ricorre al Tar

Il risiko bancario si complica. Il 22 maggio Unicredit rompe il silenzio, presenta un ricorso al Tar contro il decreto golden power imposto dal governo sull’acquisizione di Banco Bpm. È una matassa ancora più intricata ora quella delle banche italiane. Troppi i protagonisti e difficili da sviscerare le leggi. Ma la possibilità di fare ricorso è stata presa in considerazione fin dal principio dagli advisor Unicredit. Soprattutto dall’amministratore delegato del gruppo, Andrea Orcel. Ecco la decisione, che arriva il giorno dopo del congelamento di ulteriori 30 giorni dell’Ops in corso, da parte della Consob. Infatti, l’Ops doveva concludersi il 23 giugno, ma così arriverà fino al 23 luglio.

I paletti del governo

Tutto ruota attorno al golden power imposto dal governo. È un insieme di leggi che assegnano al governo poteri speciali al fine di proteggere gli interessi nazionali nel settore economico. Quando Unicredit ha lanciato l’offerta su Bpm, partita in Borsa il 28 aprile, il governo è intervenuto con delle prescrizioni. La prima obbliga Unicredit a mantenere il rapporto depositi-impieghi del Banco. La seconda è di mantenere la stessa quota di titoli italiani oggi gestiti dalla società Anima Srg.

Il governo ha imposto i suoi paletti a Unicredit il 18 aprile e l’ha fatto per due ragioni. La prima è di carattere nazionale, perché l’acquisizione di Unicredit e la conseguente fusione del Banco implicherebbero un taglio importante dei dipendenti della banca. La seconda è di stampo internazionale, perché si attende il veto dell’Unione Europea che a questo punto potrebbe dire la sua. È intervenuta, quindi, l’authority dei mercati, la Consob, allungando di un mese l’Offerta Pubblica di Sottoscrizione (Ops).

La mossa Unicredit

Unicredit non vuole stare alle regole del gioco politico. Ed ecco che fa ricorso al Tar. Ciò che Orcel si augura è di smontare i vincoli governativi. La preoccupazione principale del gruppo è che queste norme potrebbero diventare consuetudine in futuro. E creare, quindi, differenti problemi a Unicredit che è impegnata sotto diversi fronti.

La partita economica si sposta in tribunale. Una decisione vista come uno smacco da parte di alcuni partiti politici. D’altronde, fin dal principio le carte dell’Ops erano giunte sui tavoli di Palazzo Chigi. Mentre il gruppo di Forza Italia continua a sostenere che la questione debba essere risolta dai mercati, la Lega non si smuove dalle proprie posizioni. Il Partito di Matteo Salvini dichiara che non ci sarà alcun passo indietro sul golden power.

Le posizioni di Bpm

In uno scenario del genere non può stare in silenzio uno dei protagonisti, Banco Bpm. I vertici del Banco sono infuriati e si paventa l’ipotesi di un possibile ricorso al Tar, per diverse ragioni. La prima fa riferimento al golden power che, per quanto detto dal Banco, era presente fin dall’inizio delle trattative ed è quindi inutile una sospensione di un mese. in secondo luogo, sempre secondo Bpm, l’impossibilità di Unicredit di attenersi alle norme imposte del governo dovrebbe far decadere l’Ops.

La situazione rende tutto più difficile. Non conoscendo le sorti dell’Ops, anche per gli investitori diventa complicato decidere come muoversi. Le possibilità che si prospettano sono due, le uniche che sembrano conciliarsi con le regole veloci della finanza. La prima è che Unicredit rinunci all’Ops sul Banco. La seconda è che alla fine Unicredit accetti il golden power, nella speranza di ottenere una revoca giudiziaria in futuro.

Francesca Neri

Laurea triennale in Storia Contemporanea all'Università di Bologna. Laurea Magistrale in Scienze Storiche e Orientalistiche all'Università di Bologna, con Master di I Livello in African Studies all'Università Dalarna.

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