Ieri, in Uganda, più di 10 milioni di studenti sono tornati a scuola dopo quasi due anni: la chiusura delle istituzioni scolastiche più lunga del mondo. A marzo 2020, infatti, a seguito della prima ondata di contagi, le lezioni sono state sospese. Tale decisione è stata presa, stando alle parole di Janet Museveni, Cabinet Minister dell’educazione ugandese, nonché moglie del presidente della Repubblica Yoweri Museveni, per diminuire la possibilità di passaggio del virus ai genitori degli studenti, evitando così che molti bambini potessero diventare orfani, come accadde invece con la diffusione dell’HIV.
Al contrario, critici ed oppositori del Presidente e del Governo sostengono che il lockdown e le regole stringenti ad esso connesse sono state utilizzate per reprimere il dissenso prima delle elezioni presidenziali e parlamentari del gennaio 2021 e nei mesi che seguirono. A detta loro, adesso che il Governo si sente sicuro, rimuove le chiusure e cerca di far ripartire l’economia. Infatti, dallo scorso settembre, le restrizioni anti-Covid sono state man mano revocate, fino all’annuncio presidenziale, di qualche mese fa, che le scuole avrebbero riaperto all’inizio di quest’anno, indipendentemente dall’avanzamento della campagna vaccinale.
LA SITUAZIONE COVID AL MOMENTO PREOCCUPA UN PO’
L’Uganda è nel pieno della quarta ondata. Secondo i dati governativi, al 7 gennaio, c’erano 153.762 contagi e 3.339 morti legati a Covid-19. La percentuale di vaccinati è molto bassa (3%), ma le autorità hanno detto che la maggior parte degli insegnanti rientra tra di essi. Questo permetterà di riaprire le scuole in sicurezza, anche se, al momento, non è richiesto alcun test negativo per entrare in aula. Tuttavia, se il sistema sanitario andrà in crisi, si potrebbe tornare indietro.
IL SISTEMA SCOLASTICO UGANDESE
L’Uganda è stato uno dei primi Stati africani ad introdurre, nel 1997, l’istruzione elementare gratuita, la quale è anche obbligatoria. Invece le scuole superiori sono facoltative e a pagamento. Vi sono sia istituti statali, sia istituti privati, gestiti a volte da organizzazioni religiose.
A meno che non ci siano sforzi intensivi per raggiungere gli studenti, «potremmo aver perso una generazione». È quello che ha dichiarato Mary Goretti Nakabugo, Direttrice esecutiva dell’organizzazione no profit ugandese Uwezo Uganda, la quale si occupa di ricerche in ambito educativo. Infatti, si pensa che migliaia di scuole (3507 elementari e 832 superiori) non riapriranno. Moltissimi insegnanti, che in questo periodo hanno trovato altri lavori, non torneranno alla loro vecchia professione. Circa un terzo degli studenti non frequenteranno più le lezioni.
Infatti, nonostante l’attivazione di varie forme di insegnamento a distanza (per radio, tv e internet) e nonostante alcuni programmi di aiuto all’educazione (come i Catch-up Clubs, organizzati da Save the Children), circa la metà degli studenti, specialmente quelli di aree del Paese periferiche e povere, non ha studiato durante la chiusura delle scuole. I motivi vanno ricercati nella mancanza di dispositivi adeguati, nell’impossibilità di accedere alla corrente elettrica o nell’assenza di genitori in grado di aiutarli. Inoltre alcuni, per aiutare le rispettive famiglie, hanno trovato un lavoro, mentre molte ragazze sono state costrette a matrimoni precoci e sono diventate madri.
In ogni caso, le autorità statali hanno chiesto agli anziani dei villaggi e ai capi religiosi di incoraggiare le famiglie a iscrivere i loro figli a scuola ed il Ministro dell’Istruzione, John Muyingo, ha dichiarato che tutti gli studenti riprenderanno automaticamente le lezioni un anno avanti rispetto a dove le avevano interrotte.