Per la prima volta al mondo, una mano robotica è stata impiantata in modo permanente su una donna in Svezia. Si tratta di una protesi made in Italy costruita grazie al progetto europeo DeTop, guidato da Christian Cipriani, dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
La donna, che aveva subito l’amputazione della mano nel 2002, ora sta seguendo un programma di riabilitazione al fine di riacquisire forza nei muscoli dell’avambraccio e sta utilizzando un sistema di realtà virtuale per controllare la mano robotica.
L’impianto potrà essere utilizzato nella vita quotidiana e permetterà alla donna di controllare, in maniera del tutto naturale, la protesi, che sarà anche in grado di restituire le percezioni sensoriali. L’impianto, infatti, collega lo scheletro alla mano robotica tramite tecnica osteointegrata: in questo modo i limiti delle convenzionali protesi vengono superate – come il fatto che queste possano riprodurre solo movimenti grossolani quali aprire e chiudere la mano – consentendo movimenti più naturali e un controllo più efficace. Tutto ciò è reso possibile dalla presenza di sedici elettrodi inseriti nella muscolatura residua: grazie a questa tecnica, i ricercatori sono stati in grado di estrapolare una quantità maggiore di informazioni e rendere più efficiente l’utilizzo della mano robotica.
Le protesi di mano in circolazione hanno in genere un feedback sensoriale limitato. Le percezioni tattili di quando si afferra un oggetto o si interagisce con un’altra persona o con l’ambiente non vengono percepite e l’individuo deve pertanto fare affidamento solo sulla vista mentre utilizza la protesi. In questo caso, proprio grazie alla presenza degli elettrodi impiantati nei nervi, esiste un collegamento diretto tra la protesi e il sistema nervoso che permette all’individuo di recuperare le sensazioni tattili perdute.
La tecnica dell’osteointegrazione era già stata sperimentata con successo da Integrum e Chalmers University of Technology su un paziente con amputazione sopra il gomito, ma non era ancora possibile utilizzarla nelle amputazioni transradiali, dove si richiede che il fissaggio della protesi venga effettuato su due piccole ossa anziché su un unico osso di grandi dimensioni. La nuova protesi transradiale rappresenta di fatto un dispositivo di ultima generazione in grado di sostituire l’organo mancante e di aiutare l’uomo nelle azioni quotidiane, fornendogli un alleato robotico costituito da una maggiore stabilità a lungo termine e un sensibile miglioramento delle funzionalità motorie e percettive.
Questa nuova protesi apre scenari inediti nello sviluppo di un impianto di fissaggio scheletrico. Nel frattempo, sono previsti altri due interventi, uno in Italia e uno in Svezia. «Grazie a questa interfaccia uomo-macchina così accurata – commenta Cipriani, responsabile scientifico del progetto Detop – e grazie alla destrezza e al grado di sensibilità della mano artificiale, ci aspettiamo che nel giro dei prossimi mesi la donna riacquisisca funzionalità motorie e percettive molto simili a quelle di una mano naturale». «Questo non sarà comunque l’unico impianto previsto – ha affermato – sono infatti partite in Italia le attività di ricerca per il reclutamento di un secondo paziente per un nuovo intervento chirurgico in programma all’Università Campus Bio-Medico di Roma che verrà effettuato da team clinici del Campus Bio-Medico e dell’Istituto Ortopedico Rizzoli».