In Italia degli orfani di femminicidio, coloro che sopravvivano alla violenza più grande che si possa immaginare, la madre ammazzata, il padre suicida o in carcere, non si occupa ancora nessuno e questo aiuto serve. Subito.
Nel nostro Paese, i figli dei femminicidi sono (sotto)stimati in 2mila ma crescono di 250 all’anno. Partendo da questa problematica molto forte, un anno fa la fondazione “Con i bambini” ha lanciato un bando chiamato “A braccia aperte”.
Dopo mesi di confronto e lavoro in rete ha individuato quattro progetti da Nord a Sud, stanziando 10 milioni di euro per trasformarli in realtà.
Oggi, uno di quei progetti prende la forma di un centro a Torino, in via Nota 5: il primo di questo tipo in Italia. Gratuito e aperto, il Centro S.o.s (Sostegno orfani speciali) offre sostegno e supporto ai figli dei femminicidi, fin dal giorno dopo in cui la mamma è stata uccisa da papà, ma anche a due, tre o sei anni dopo, quando si ha realizzato quello che è successo e si fatica a superare il trauma e si vorrebbe provare a ricostruire una vita e il passato lo impedisce.
Nel Centro S.o.s si potrà trovare sostegno psicologico, legale, educativo. Il centro seguirà i casi da vicino, accompagnando ogni orfano passo dopo passo, raccogliendo anche la grande sfida della formazione. Che è poi quello che manca nel nostro Paese, oltre a una rete pubblica in grado di farsi carico di questi casi e a un coordinamento fra i servizi, a un’anagrafe e un osservatorio del fenomeno.
«Sono gli obiettivi a cui puntiamo» – afferma Anna Maria Zucca – Responsabile del progetto e Presidente della rete dei Centri Antiviolenza Emma onlus. «Perché solo cominciando a lavorare nel vivo di questi drammi potremo arrivare a mettere a sistema i bisogni e le risposte che vanno date agli orfani».
Il Centro S.o.s. di Torino fa da pioniere, nell’auspicio che molti altri si impegnino nella stessa iniziativa. Porte aperte per tre ore al giorno, un numero di emergenza sempre operativo (366-4607803), un sito con una community dedicata alle famiglie degli orfani e una agli orfani stessi.
Il Centro dà grande attenzione anche alla formazione, promuovendo la ripresa o la continuazione del percorso di studi e a un progetto di housing (con delle case messe a disposizione da partner e sponsor) legato a tirocini lavorativi.
E infine uno spazio culturale di confronto per invogliare la città in percorsi di parità di genere, a cominciare da una biblioteca ricca di testi e albi illustrati, “liberi” da stereotipi e pregiudizi scelti dalla pedagogista Irene Biemmi.