Era scomparso quattro anni fa l’aereo MH370 della Malaysia Airlines partito da Kuala Lampur e diretto a Pechino, ma ad oggi, 15 maggio, emerge una nuova verità. Il velivolo che l’8 marzo 2014 sorvolava l’Oceano Indiano, secondo gli investigatori, sarebbe precipitato a causa del pilota. Zaharie Amad Shah, infatti, avrebbe pianificato una missione suicida.
«Si stava suicidando e sfortunatamente stava uccidendo tutti gli altri a bordo e lo ha fatto deliberatamente» ha detto nel programma australiano ’60 Minutes, Martin Dolan, per due anni alla guida delle ricerche sottomarine dell’aereo. «Non si è trattato però di un attacco terroristico, altrimenti un’organizzazione terroristica l’avrebbe rivendicato» ha poi aggiunto. A rafforzare l’ipotesi del suicidio, il fatto che il pilota «abbia consapevolmente eluso i radar». Inoltre, dopo le analisi effettuate su alcuni rottami recuperati nell’Oceano, l’aeroplano sarebbe stato sotto il controllo di un pilota fino all’ultimo momento. Il conducente avrebbe anche indossato una maschera d’ossigeno prima di depressurizzare l’aereo, in modo da far perdere conoscenza ai passeggeri»
Anche il luogo non sarebbe del tutto casuale; la caduta, avvenuta tra la Thailandia e la Malaysia, ha reso impossibile l’intervento delle due parti. A riferirlo è Simon Harwey, un pilota britannico che lavora in Asia. Quel giorno persero la vita 239 persone, a nulla servirono le perquisizioni in casa del pilota e del copilota. Ad eccezione del ritrovamento di un software di simulazioni di volo in casa di Shah, utile probabilmente per esercitarsi a invertire la rotta. (cs)