fethiye escort bayan istanbul masöz escort bodrum

Usa: Trump minaccia le università e gli studenti internazionali

Dall’attacco del 7 ottobre 2023 tutto il mondo si è mobilitato in manifestazioni e proteste contro la guerra in Palestina. Cortei pro-Palestina hanno riempito le strade di diverse città in tutta Europa, in Iraq, in Tunisia, in Gran Bretagna, in Australia e in America. Negli Stati Uniti tuttavia le proteste hanno assunto un peso diverso sotto i tentativi dell’amministrazione Trump di soffocare ogni dimostrazione attaccando Università e studenti.

L’arresto di Mahmoud Khalil

Sabato 8 marzo Mahmoud Khalil è stato arrestato mentre si trovava a casa sua con la moglie incinta. Khalil, palestinese, nato in un campo profughi in Siria, arriva negli Stati Uniti nel 2022 con un visto per studenti e completa nel 2024 il master in International and Public Affairs alla Columbia. Nello stesso anno riceve la green card dal matrimonio con la moglie americana. Khalil era a capo di una coalizione studentesca che richiede l’allontanamento dell’Università da Israele. Ha preso parte a numerose manifestazioni per la Palestina organizzate nel campus. Dopo essere stato arrestato Mahmoud Khalil è rinchiuso in un centro di detenzione in Louisiana, con le accuse di aver condotto attività legate ad Hamas.

La detenzione di un possessore di green card è un attacco al Primo Emendamento ed è di dubbia legalità anche l’affermazione di Mark Rubio sulla revoca di numerose green card, come ha spiegato in una dichiarazione Donna Liebermann, direttrice della New York Civil Liberties Union.

L’attacco alla Columbia University

Il presidente Trump ha affermato che l’arresto di Khalil è “il primo di molti”. Ria Thompson-Washington, membro della National Lawyer Guild, sostiene che l’intento dell’amministrazione è quello di spaventare le persone e che così facendo stia negando il diritto al libero pensiero. Ma Trump, minacciando anche di tagliare i 400 milioni di fondi governativi stanziati alla Columbia, sta raggiungendo il suo obiettivo. La Columbia University a seguito della minaccia ha modificato le proprie policy. Ha proibito le proteste all’interno degli edifici accademici, revisionato tutto il dipartimento che si occupa degli studi sulla Palestina e sul Medio Oriente e dato più potere agli agenti di polizia del campus. Alcune agenzie federali hanno salutato queste nuove policies come dei passi avanti per sbloccare nuovamente i finanziamenti federali.

Timori tra gli studenti

Questi avvenimenti hanno generato onde di timore e shock tra gli studenti dei campus universitari. Soprattutto gli internazionali, possessori di visti o green card, “hanno paura a viaggiare all’estero, a postare sui social media e partecipare a dimostrazioni”, dice a CNN Elora Mukherjee, professoressa di legge. Infatti molti studenti della Columbia sono stati arrestati e alcuni deportati dopo aver partecipato a manifestazioni. La prestigiosa università ha emanato punizioni basate sulla “severità del comportamento agli eventi” (dalla dichiarazione della Columbia). Le ricerche sugli internazionali si sono intensificate. Una studentessa palestinese è stata arrestata dopo aver partecipato ad una manifestazione, un altro studente si è auto-deportato in Canada. La studentessa coreana Yunseo Chung, residente permanente USA, ha denunciato l’amministrazione Trump per averla deportata a seguito della partecipazione a manifestazioni contro le azioni disciplinari intraprese dalla Columbia.

Studenti protestano al campus della Columbia University
Studenti in protesta al campus della Columbia University

Il presidente americano non nasconde il suo intento di controllare ciò che è studiato, pensato e dibattuto. La pressione sulla Columbia e la sua docile capitolazione è un allarme per tutte le altre università, che tuttavia restano per lo più in silenzio. Attaccando la Columbia University Trump ha terrorizzato le altre, impendendo loro -così pare- di reagire.

No Comments Yet

Leave a Reply