Gli Stati Uniti potrebbero diventare sempre più inaccessibili per i turisti, anche per quelli italiani. La Us Customs and Border Protection, l’agenzia federale americana che si occupa delle frontiere, ha avanzato una proposta per coloro che chiederanno di entrare negli Usa. L’accesso sarà consentito solo dopo un controllo approfondito dei dati personali dei viaggiatori, comprese le interazioni avvenute sui social media negli ultimi cinque anni.
NUOVE STRETTE, COSA CAMBIA
In arrivo un nuovo terremoto targato stelle e strisce. L’amministrazione Trump continua a stringere la stretta circa l’accesso dei turisti negli Usa. Oltre al Regno Unito, Nuova Zelanda, Australia, Giappone e Qatar, potrebbero arrivare controlli più severi anche per i viaggiatori provenienti dai 42 Paesi che rientrano nel programma Esta di esenzione dal visto (secondo cui i richiedenti possono entrare negli Stati Uniti per un massimo di 90 giorni, a condizione di comunicarlo in anticipo).

Il nuovo documento, depositato martedì nove dicembre al Federal Register, propone di chiedere ai turisti molti più dati personali rispetto a quanto veniva fatto precedentemente. Con il sistema precedente bastava pagare 40 dollari, fornire indirizzo email e quello della residenza, un numero di telefono, recapiti di emergenza, e l’hotel o l’abitazione in cui si andrà a soggiornare negli Stati Uniti. Adesso l’idea è quella di estendere gli esamini anche sulla cronologia social e sui post pubblicati fino a cinque anni prima, sugli indirizzi di posta elettronica e sui numeri di telefono, dati biometrici, nomi, indirizzo e luogo di nascita dei genitori, consorti, fratelli, sorelle e figli. Non è la prima volta che si parla del controllo social. Già nel 2016 era stata inserita nella documentazione dei viaggiatori la dichiarazione dei propri account. Ma se prima la risposta non era obbligatoria, ora diventerebbe uno dei criteri principali di valutazione.
NUOVA APP
Le novità non si fermano qui. La Us Customs and Border Protection ha anche segnalato possibili modifiche alla tecnologia alla base del processo di richiesta. Avverrebbe via app (non più via sito web) e introdurrebbe l’obbligo, oltre che della foto del passaporto, anche di un selfie. L’app permetterebbe anche di segnalare volontariamente la propria uscita dagli Usa. Basterà caricare un altro selfie e autorizzando la geolocalizzazione per «certificare» che il viaggiatore abbia effettivamente lasciato l’America.
CALO TURISMO NEGLI STATI UNITI

Negli Usa le proposte sono soggette ad un periodo di preavviso di sessanta giorni. Quindi è attesa per febbraio l’approvazione o meno del documento. Se dovesse avere il via libera, una delle conseguenze più evidenti sarebbe l’allungamento dei tempi necessari a controllare i dati personali dei visitatori. Ma la questione più scottante resta quella relativa alla privacy. Secondo gli avvocati americani, queste restrizioni rappresentano una violazione della libertà indiviudale e della privacy dei viaggiatori e dei suoi familiari. E se il presidente Donald Trump continua ad affermare che l’America non è mai stata così ambita dai turisti, i dati raccontano un’altra verità. Secondo la società di ricerca Tourism Economics, il 2025 ha visto un calo di presenze internazionali dell’8,2% negli Usa e una perdita netta di 12,5 miliardi di dollari rispetto al 2024. Il primo calo dal 2020, anno in cui è scoppiata l’emergenza Covid.
EFFETTI SUI MONDIALI 2026
Il discorso si inserisce in un quadro più grande, e rischia di essere l’ennesimo capriccio di The Donald che poi nel concreto non porta vantaggi a nessuno. A tal proposito, i Mondiali di calcio del 2026 in Usa, Canada e Messico potrebbero essere influenzati negativamente da queste nuove misure. La partecipazione all’evento sarà altissima: si attendono due milioni di visitatori stranieri. Già lo scorso febbraio, prima che il nuovo piano venisse proposto, il The Guardian parlava delle possibili problematiche degli Stati Uniti nell’elaborazione dei visti per i milioni di tifosi internazionali, con tempi di attesa stimati oltre un anno.

In tutto ciò non aiuta la linea della Casa Bianca, entusiasta da un lato, sempre più repressiva dall’altro. Il vicepresidente JD Vance ha voluto essere molto chiaro: «Vogliamo che vengano, che tifino, che si godano le partite», ha detto. «Ma quando il tempo sarà scaduto, dovranno tornare a casa. Altrimenti dovranno vedersela con Kristi Noem (Segretaria della sicurezza interna nella seconda amministrazione)». Intanto, il dipartimento di Sicurezza ha promesso la caccia agli immigrati illegali negli stadi e ha vietato il visto ai tifosi di Iran, Hairi e altri Paesi sgraditi a Washington.
In vista di questo sorge naturale chiedersi se gli Stati Uniti che abbiamo sempre conosciuto, fatti di American Dream e libertà intrinseca, non stiano andando incontro ad un nuovo paradigma lontano dai valori tipici che li caratterizzano.