1963. Il Presidente John F. Kennedy, in visita a Dallas, viene ucciso da un proiettile sparato dall’ex marine Lee Harvey Oswald. Oggi, sessantadue anni dopo, Donald Trump ha ordinato la desecretazione dei fascicoli relativi alla sua morte, a quella del fratello Robert F. Kennedy e del leader dei diritti civili Martin Luther King.
«La gente lo attende da anni» ha detto il Potus, ma quali sono le ragioni che hanno spinto il Presidente a rendere pubblici questi documenti?
JFK e cospirazioni
«Tutto verrà rivelato» ha detto Donald Trump ai reporter, mentre con il suo pennarello nero firma uno dei tanti ordini esecutivi che ha approvato dopo il suo insediamento alla Casa Bianca.
Trump aveva promesso durante la sua campagna di rielezione di rendere pubblici gli ultimi documenti ancora classificati riguardanti l’assassinio del presidente Kennedy a Dallas, che per decenni è stato oggetto delle più disparate teorie cospirazioniste. Dalla spia sovietica, alla connessione con Cuba, fino alla teoria che vedeva proprio la CIA essere il mandante dell’assassinio. Tuttavia, Trump aveva già fatto una promessa simile. Proprio durante il suo primo mandato, ma alla fine aveva fatto un passo indietro dopo gli appelli della CIA e dell’FBI per trattenere alcuni documenti.
Bobby, MLK e il culto Trump
Non solo il caso JFK. Trump ha decretato la declassificazione anche dei documenti riguardo l’assassinio del senatore Robert Kennedy, avvenuto all’Hotel Ambassador di Los Angeles, e quello dell’attivista Martin Luther King, ucciso da un colpo di fucile a Memphis. «Gli americani meritano trasparenza e la verità. È nel nostro interesse nazionale pubblicare finalmente i dossier degli omicidi senza ritardi» si legge nel decreto.
Ma perché il Presidente ha deciso di pubblicare questi documenti, dopo che nel 2022 Joe Biden aveva dichiarato che un numero “limitato” di documenti avrebbe continuato a essere trattenuto su richiesta di “agenzie” non specificate?
Una prima ragione potrebbe essere quella di alimentare l’idea dei supporter di Trump che lo guardano come il “salvatore” della libertà di parola e colui che metterà fine alla censura federale. D’altro canto, in molti credono che il pubblico non dovrebbe aspettarsi rivelazioni sconvolgenti e che quindi la “mossa” di Trump sia, come diremmo in Italia, “tanto fumo e niente arrosto”.