La mattina dell’8 giugno 2023 Taiwan ha attivato i suoi sistemi di difesa dopo aver segnalato 37 aerei militari cinesi in volo nella zona d’identificazione di difesa aerea (Adiz) dell’isola.
Il ministero della Difesa di Taiwan, riferendo dell’ultima incursione di massa delle forze aeree cinesi, ha comunicato che gli aerei sono stati individuati a partire dalle 5 del mattino (le 23 di mercoledì in Italia). Tra di essi figuravano caccia J-11 e J-16 e bombardieri H-6 con capacità nucleare.
Ma perché la Cina vuole così tanto Taiwan?
L’ultimo tassello della Rivoluzione
La “questione Taiwan” nasce dalla guerra civile cinese, conclusa nel 1949 con la vittoria dei comunisti guidati da Mao Zedong. I nazionalisti ormai sconfitti di Chiang Kai-Shek si rifugiarono sull’isola con forze sufficienti a dissuadere Mao dal proseguire il conflitto. Da allora entrambe le entità affermano di essere l’unica autorità legittima della Cina. Ma nei decenni successivi quasi tutta la comunità internazionale ha riconosciuto il governo di Pechino invece che quello di Taiwan.
Pechino non è nuova a queste prove di forza. La Cina considera l’isola di Taiwan una parte “inalienabile” del suo territorio e vorrebbe riannetterla entro il 2049, anno del centenario della nascita della Repubblica Popolare Cinese. Il presidente Xi Jinping ha più volte ribadito la sua determinazione a realizzare questo obiettivo, anche con la forza se necessario.
Le altre motivazioni di Pechino
Oltre ai motivi ideologici ci sono quelli strategico-militari ed economici. L’isola permetterebbe alla Cina di aumentare la sua influenza militare sull’oceano Pacifico occidentale, consentendole di ottenere il totale controllo dell’area.
Economicamente poi, Taiwan può essere considerata uno dei fulcri dell’economia asiatica: il suo Prodotto interno lordo (Pil) fa rientrare il Paese tra le prime 20 economie del pianeta, al pari di nazioni come la Svizzera o l’Arabia Saudita. Dall’isola transita il 40% del commercio mondiale, un quarto delle quali sono americane, per un valore totale annuale di oltre cinquemila miliardi di dollari.
La Cina sta investendo sulle infrastrutture da ormai più di vent’anni, e la forza economica di Taiwan potrebbe essere l’ago della bilancia a favore dello sviluppo tecnologico del Dragone.
Taiwan ha quasi monopolizzato l’industria dei semiconduttori. L’isola possiede da sola il 92% della capacità produttiva globale di semiconduttori, componenti industriali essenziali nella realizzazione di auto, smartphone o pc. Ma anche gli strumenti militari e medici più sofisticati.
L’appoggio degli Usa a Taiwan
Di fronte a questa sfida, gli Stati Uniti non sono rimasti indifferenti. Pur non avendo un trattato formale di alleanza con Taiwan, Washington fornisce aiuti militari all’isola e mantiene un’ambiguità strategica sul suo eventuale intervento in caso di attacco cinese. L’America dà così tanta importanza a Taiwan non solo dal punto di vista economico. Dopo i primi anni di governo nazionalista autoritario, Taiwan è oggi una delle poche democrazie orientali.
Gli Usa hanno di recente rafforzato la collaborazione militare con il Paese, anche grazie al “Taiwan policy act 2022”. L’iniziativa è nata per rafforzare le capacità di difesa taiwanesi, rendendo di fatto il paese uno dei principali alleati non-NATO per gli Stati Uniti.
Abbandonare Taiwan, per Washington equivarrebbe ad accettare che gli Usa non sono più in grado di proteggere i propri interessi nell’area del Pacifico, passando di fatto lo scettro politico e militare al governo di Pechino. Per i prossimi decenni si delinea un possibile scenario di guerra tra le due superpotenze. Un monito per la diplomazia internazionale, che si spera possa delineare una soluzione pacifica per la disputa tra Stati Uniti e Cina.