Coppa d’Asia, in campo calcio e geopolitica

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Una partita di calcio non è mai solo una partita di calcio. Specie se a sfidarsi sono due squadre con una forte identità politica, come è il caso delle nazionali. La Coppa d’Asia di quest’anno ne è la dimostrazione. Alla sua diciottesima edizione, il torneo continentale si svolge in Qatar dal 12 gennaio al 10 febbraio. E vede affrontarsi nazioni aventi un ruolo centrale nello scacchiere geopolitico attuale. Tra i 24 partecipanti, spiccano i nomi di grandi protagonisti del nostro tempo. Consistente, in particolare, la presenza di Paesi coinvolti in qualche modo nella guerra nella Striscia di Gaza.

Nel gruppo C compaiono Iran e Palestina, stati proxy nello scontro bellico contro Israele. Nel girone A, si trovano Qatar e Libano, per nulla distanti nel contesto del conflitto in Medio Oriente. Disseminati negli altri gruppi, sono presenti gli altri nemici di Tel Aviv: Siria (gruppo B) e Iraq (gruppo D).

Una partita calda

Alla sua terza partecipazione, la Palestina è arrivata in Qatar senza quasi tutti i giocatori residenti nella Striscia di Gaza. Dal 7 ottobre, data di inizio del conflitto con Israele, sono 70 i giocatori palestinesi rimasti uccisi negli scontri. Per questo motivo, per i convocati la partecipazione al torneo possiede una rilevanza che va ben oltre la sfida sul campo. A riguardo, il commissario tecnico dei “Leoni di Canaan”, Makrab Daboub, ha dichiarato: «Siamo gli ambasciatori del nostro Paese, dobbiamo ricordare al mondo che la Palestina esiste».

In occasione del match inaugurale contro l’Iran, i tifosi presenti allo stadio Education City

di Doha hanno osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime palestinesi nel conflitto con Israele. Inoltre, durante l’inno palestinese si sono sentite voci inneggianti alla “Palestina libera”.

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In occasione della partita contro l’Iran, i tifosi presenti allo stadio hanno osservato un minuto di silenzio per le vittime palestinesi

Il risultato finale ha arriso alla squadra del c.t. Carlos Queiroz. Con un secco 4-1 firmato da Karim Ansarifard, Shoja Khalilzadeh, Mehdi Ghayedi e Sardar Azmoun – 29enne in forza alla Roma – l’Iran ha piegato i Leoni di Canaan. Inutile la rete di Tamer Seyam, che ha accorciato le distanze dopo che gli avversari avevano da poco calato il tris. L’autore del gol, un attaccante della squadra tailandese del Prachuap Football Club, ha festeggiato puntando le dita al cielo, vinto dalle lacrime.

Una nazionale senza uno Stato

La fondazione della nazionale di calcio palestinese risale al 1962, ma è solo nel 1998 che la Fifa ne ha riconosciuto la legittimità. Durante i primi anni, non disponendo di strutture adeguate, la selezione ha disputato le partite in Qatar e gli allenamenti in Egitto. Solo a partire dall’ottobre del 2008 i “Leoni di Canaan” hanno iniziato a giocare sul proprio territorio. Gara d’esordio intra moenia, nei pressi di Ramallah, un’amichevole contro la Giordania, terminata 1-1.

Negli anni seguenti, la selezione palestinese è cresciuta ed è riuscita a riportare anche qualche vittoria a livello ufficiale. Storica la prima qualificazione alla Coppa d’Asia nel 2015, dopo quattro tentativi andati a vuoto. Il torneo in Australia, tuttavia, non andò come sperato: tre sconfitte su tre nel girone, e una differenza reti pari a -10. Esito analogo nella Coppa del 2019 disputata negli Emirati Arabi Uniti, dove la Palestina fu fanalino di coda di un girone formato da Giordania, Australia e Siria. Terza presenza, dunque, nel torneo continentale per una nazione nel pieno di una guerra sul proprio territorio.

 

A cura di Alessandro Dowlatshahi

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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