Prima il palazzo presidenziale di Mogadiscio, poi il SYL Hotel. Il gruppo terroristico somalo al Shebab, vicino ad Al Qaida, ha rivendicato i due attacchi, durante i quali hanno perso la vita tre civili e due forze dell’ordine. Questa volta però non sono state utilizzate autobombe o kamikaze, bensì si è trattato di un commando di cinque uomini armati fino ai denti. Al Shebab vuole imporre la sharia come legge dello Stato nel Paese, e dopo l’uccisione dell’attivista somala Almaas Elwan del 20 novembre, questo è il secondo attentato alle Istituzioni in meno di un mese. Almaas Elwan è stata uccisa nel quartiere di Halane, a Mogadiscio. Era a bordo di un’automobile ed è stata colpita da un proiettile. Certamente è stata uccisa per il suo lavoro. Come del resto era accaduto a suo padre, Elman Ali Ahmed, assassinato sempre a Mogadiscio nel 1996. Almaas, di nazionalità somala e canadese, era impegnata giorno e notte per la giustizia sociale, per la pace, per i diritti delle donne e per la riabilitazione dei bambini vittime del confitto somalo. Sua sorella Ilwad, era stata candidata quest’anno al Nobel per la pace.
I cinque attentatori hanno inizialmente attaccato il palazzo presidenziale, probabilmente cercando di fare fuori qualche figura di spicco della Repubblica Federale, ma che fortunatamente è stato respinto dai poliziotti a guardia dell’edificio. Durante questo episodio sono stati uccisi tre dei cinque assalitori. Dunque, fallito l’assalto al palazzo presidenziale, lo scontro si è spostato nei pressi dell’hotel SYL, in pieno centro, dove le forze di sicurezza sono riuscite a impedire l’irruzione e la possibile presa di ostaggi. Nella struttura erano presenti circa 80 ospiti, molti dei quali funzionari e ufficiali di Stato.
L’attacco dei terroristi di al Shebab è durato circa un’ora, in cui i turisti e i civili sono riusciti a mettersi al riparo, pur essendoci stati una dozzina di feriti.