
L’Italia, con almeno 120 basi, è uno dei Paesi con la concentrazione più densa di strutture militari americane in Europa. Le principali sono quelle di Aviano (Friuli), Sigonella (Sicilia), Caserma Ederle e Base Del Din (Veneto), Camp Darby (Toscana), Naval Support Activity (Campania e Lazio) e Ghedi (Lombardia). Strutture su cui il governo ha aumentato i livelli di attenzione e sicurezza dopo gli attacchi contro gli impianti nucleari iraniani per il rischio di possibili ritorsioni del regime degli Ayatollah.
Sigonella, Aviano e Ghedi
L’Italia è diventata sede di basi militari USA nel 1951 quando, con una serie di accordi bilaterali, Roma ha concesso a Washington il suo territorio in cambio degli aiuti di ricostruzione post-bellica finanziati dagli Stati Uniti.
Le basi sono formalmente sotto la sovranità italiana, ma gli USA hanno il controllo operativo sia sulle attività militari che sugli equipaggiamenti. Dovrebbero essere almeno 12.000 i soldati americani di stanza in Italia, divisi per reparto tra logistica, intelligence, unità operative e comando.
Partiamo dalla più celebre, quella di Sigonella, sede del famoso scontro sfiorato tra i carabinieri e le Delta Forces americane in occasione della crisi dell’Achille Lauro nell’ottobre del 1985. È, infatti, una base “mista”, ovvero sotto il controllo italiano, ma usata dalla Marina e dall’aeronautica americana. È soprannominata la portaerei del Mediterraneo. Questo perché è una base aeronavale proiettata geograficamente su Nord Africa, Sahel e Medio Oriente, nonché sede principale dell’AFRICOM, il comando africano degli Stati Uniti. Ospita i droni MQ-9 Reaper e i velivoli di sorveglianza come gli EP-3.
L’altra base regina è quella di Aviano, in Friuli. È una delle basi aeree americane più grandi del vecchio continente. È la base usata come hub di rifornimento per i raid aerei in Iraq, Afghanistan, Kosovo e Libia. Ospita il celebre stormo di caccia 31st Fighter Wing, composto dagli F-16 americani, e, molto probabilmente, delle testate nucleari all’idrogeno di tipo B61-4. A ospitare testate nucleari a stelle e strisce (alcune fonti parlano di 20 ordigni) dovrebbe essere anche la base di Ghedi, in provincia di Brescia. Doveroso usare il condizionale perché, come per Aviano, la presenza di armi atomiche non è mai stata confermata.

Le altre basi
La base più grande di logistica al di fuori degli USA resta, però, una sorella meno famosa di Aviano e Sigonella. È quella di Camp Darby, nel pisano. È il più grande deposito di munizioni, tra cui ci sarebbero anche pezzi di artiglieria della Seconda guerra mondiale. Presenza che ha suscitato non poche preoccupazioni per le associazioni locali che hanno più volte richiesto trasparenza per la gestione di possibili ordigni inesplosi.
Ancora, a Vicenza ci sono Camp Elderle e Caserma Del Din, basi che ospitano la 173° Brigata Aviotrasportata. In questo caso, gli Stati Uniti si sono espansi progressivamente. Inizialmente l’unica base in zona era Camp Elderle, nel 2007, però, l’infrastruttura si è allargata con la Caserma Del Din. Progetto che ha scatenato le proteste locali, arrivando anche a scontri con la polizia. A mettere una pietra sull’incidente è stato il cambio di nome da caserma Del Molin a Del Din, in onore dell’omonimo partigiano italiano.
Spostandosi più in giù sulla penisola ci sono le infrastrutture del Naval Support Activity, le forza navali americane in Europa, divise tra il Lazio e la Campania, rispettivamente a Gaeta e Napoli. Le sedi ospitano circa 1200 persone, tra militari e personale civile, che lavorano nella manutenzione e nel supporto logistico e operativo della flotta USA. La base di Gaeta è diventata celebre durante la guerra nei Balcani negli anni ’90, quando ospitò il comando della Theodore Roosevelt, fiore all’occhiello delle portaerei americane.