L’Oms: “In Nigeria anche ai bimbi viene sbiancata la pelle”

La pratica dello sbiancamento della pelle, conosciuta come “bleaching” è sempre più diffusa nel mondo. Nei Paesi africani, in particolare, aumenta il numero di donne che utilizzano creme schiarenti. Infatti, da un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), è emerso che la Nigeria è al primo posto con il 77% delle sue cittadine che applicano regolarmente questi unguenti. E lo fanno anche sui loro figli, sin dalla tenera età. Addirittura da subito dopo il parto. Non si pensa però ai danni che questi prodotti causano al derma, talvolta in maniera permanente. È proprio quest’incoscienza che preoccupa l’Agenzia nazionale nigeriana per la gestione e il controllo degli alimenti e dei farmaci (Nafdac) che nel 2023 ha dichiarato lo stato di emergenza.

I motivi dietro lo sbiancamento della pelle

L’uso sempre più diffuso di creme schiarenti per la pelle non è dovuto solo alla volontà di voler raggiungere gli standard di bellezza. Ma è la conseguenza di un retaggio culturale, derivante da una mentalità colonialista o post-colonialista ancora fortemente radicata nella società. «Molte persone associano la pelle chiara alla bellezza o alla ricchezza» ha spiegato, in un’intervista rilasciata alla Bbc, Zainab Bashir Yau, proprietaria di uno studio dermatologico nella capitale nigeriana, Abuja. Il pensiero comune è che decolorando il derma possano aumentare, in automatico, le opportunità che la società offre loro. Migliori prospettive di matrimonio, un posto di lavoro soddisfacente e una retribuzione che permetta all’individuo di provvedere alla propria famiglia. Ma soprattutto, si spera di venire inclusi nella comunità.

Per questo, come ha raccontato l’esperta, circa l’80% delle donne ha deciso di applicare le pomate schiarenti sui figli, mentre tante altre dicono di avere intenzione di farlo. Il bleaching diventa quindi un modo per cercare di proteggere i piccoli da ogni forma di discriminazione e di preservare la loro crescita. O ancora, viene inteso come un mezzo per sopperire alle pressioni dei familiari. È stato questo il caso di Fatima (nome di fantasia), una 32enne nigeriana che alla Bbc ha raccontato di aver utilizzato l’unguento sui suoi sei figli, perché aveva notato che la madre li trattasse in maniera diversa rispetto ai bambini della sorella, che avevano una carnagione più chiara. Oggi, a distanza di tempo, i piccoli presentano gravi escoriazioni e cicatrici. La donna si sente responsabile per le decisioni prese, tanto che afferma «prego gli altri genitori di usare la mia situazione come esempio» e di interrompere l’uso dei prodotti.

Uno dei figli di Fatima ha riportato delle macchie sulle labbra provocate dall’uso di creme per lo sbiancamento della pelle
I danni sul derma

Chi applica le creme sulla propria pelle ignora i rischi che corre. Gli unguenti contengono corticosteroidi o idrochinone, farmaci prodotti in laboratorio che possono causare dermatiti, irritazioni cutanee ed escoriazioni nei casi più lievi. Ma che portano anche all’osteoporosi. Si verifica poi un indebolimento del sistema immunitario, che inibisce la capacità cicatrizzante dei tessuti epidermici, che si assottigliano. Inoltre, l’abbattimento degli anticorpi incrementa la possibilità di contrarre infezioni. In alcuni casi, si aggiungono anche altri ingredienti, come il mercurio, un metallo velenoso, e l’acido cogico. Si tratta di un sottoprodotto della fabbricazione del sakè, una sostanza molto dannosa, il cui dosaggio in Nigeria non dovrebbe superare l’1%. Non meno importanti sono i danni renali provocati da una lunga esposizione del derma agli elementi chimici.

Proprio per la loro pericolosità sulla salute degli individui, in alcuni Paesi le creme possono essere acquistate solo previa prescrizione medica. Tuttavia, spesso nei mercati informali vengono realizzate da curatori improvvisati, che si definiscono “mixologist”. Essi creano nuovi prodotti con ricette artigianali, fuori dal controllo medico-farmacologico. Ma i clienti possono anche selezionare gli ingredienti e assistere al processo di realizzazione dell’unguento. Alcuni prodotti vengono persino iniettati.

Gli altri Paesi africani

Oltre alla Nigeria, il report dell’Oms ha rivelato quali sono gli altri Paesi del continente africano in cui le creme sono largamente utilizzate. Al secondo posto della classifica che è stata stilata dall’organizzazione, si trova il Congo-Brazzaville con il 66% delle donne che ricorrono ai prodotti sbiancanti. Con uno stacco di sedici punti percentuali in meno segue poi il Senegal. E, procedendo in ordine decrescente, nella classifica figurano Ghana (39%), Sudafrica (32%), Zimbabwe (31,15%) e Mali (25%). Delle percentuali molto elevate, se si considera che in alcune di queste Nazioni applicare gli unguenti sull’epidermide è vietato o fortemente limitato.

Percentuale di donne che utilizzano regolarmente i prodotti di sbiancamento della pelle nei Paesi africani

La Banca mondiale ha condotto vari studi per approfondire il fenomeno. Attraverso una meta-analisi, è stato possibile individuare chi ricorre al bleaching della pelle. Uno degli elementi presi in esame per compiere le varie valutazioni è l’età. Il 55,9% degli individui ha 30 anni e, in molti casi, anche meno. Mentre coloro che rientrano nel range d’età compreso tra i 31 e i 49 anni, costituisce il 25,9% del campione preso in considerazione.

Il commercio illegale

Reperire le creme, nonostante il divieto imposto da alcune Nazioni, non è impossibile. Esse infatti entrano nei Paesi illegalmente. In Uganda, la Commissione doganale ha intercettato 61 spedizioni illecite nel 2017. I cosmetici raramente arrivano in grandi quantità. Spesso vengono nascosti in sacchi di banane o in taniche di plastica con un doppio fondo tagliato e cucito. I corrieri intraprendono un viaggio lungo e rischioso, attraversando la giungla e superando fiumi. E il guadagno è solo di circa 1 $ a viaggio. Sul mercato nero, però, la vendita di unguenti frutta molto ai commercianti. Un barattolo di crema arriva a costare anche più di 70 $ a Kampala.

Rispetto al passato, oggi i controlli sono stati intensificati. In alcuni Stati sono stati istituiti dei team investigativi incaricati di raccogliere informazioni e intercettare tutti i beni illegali che entrano nel proprio territorio. Ma anche di compiere delle incursioni nei mercati, dove vengono sequestrati gli ingredienti schiarenti, sebbene a volte sia difficile identificarle. Questi infatti sono contenuti in scatole senza etichetta. Nonostante i vari tentativi di contrasto, non si riesce ancora a smantellare le sofisticate reti di contrabbandieri. Per questo il dottor Leonard Omokpariola, direttore del Nafdac, ha affermato che la soluzione migliore, adottata dalla Nigeria, è quella di far sì che la gente sia consapevole dei rischi che corre.

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