Manhattan, la più grande casa d’aste al mondo, un Magritte e due offerenti a duello. Cosa manca? Forse un po’ di champagne e un assegno da 121 milioni di dollari. Un record per l’artista, che entra nel club di pittori le cui opere sono state vendute all’asta per più di 100 milioni di dollari.
L’opera
Il 19 novembre, all’ombra del Rockfeller Center, nella sala di Christie’s la crème de la crème newyorkese si è riunita per partecipare all’asta di una versione del dipinto surrealista L’impero delle Luci (1949) del belga René Magritte. L’opera è stata l’ultima delle diciannove offerte alla casa d’aste dalla collezione privata della designer e filantropa Mica Ertegun, scomparsa nel 2023. Acquistata nel 1968 da Ertegun, il dipinto rappresenta una strada buia, di notte, sullo sfondo di un cielo azzurro, di giorno. Nessun elemento fantastico, se non la combinazione paradossale di giorno e notte che rendono l’oscurità sottostante ancora più impenetrabile. «È il gioiello della corona della collezione Ertegun» ha commentato Christie’s.
Il club dei 100 milioni
È un gruppo ristretto quello in cui il pittore belga entra a far parte. Sono infatti pochi gli artisti che possono vantare opere vendute a un prezzo che supera i 100 milioni di dollari. La stagione delle aste d’arte del 2023 si chiudeva con la cifra record di 139,4 milioni di dollari per l’opera Femme a La Montre (1932) di Pablo Picasso, un artista che ha sfondato più volte il muro dei 100 milioni. Il record, però, è detenuto dal Salvator Mundi vinciano, un’opera del 1500 che fu comprata dal principe saudita Mohammed bin Salman per la cifra di 450,5 milioni di dollari. Il prestigioso gruppo, oltre a Picasso e Da Vinci, vanta i nomi di Warhol, Basquiat, Gauguin, Cézanne, Klimt e Modigliani, a cui si aggiunge Magritte che diviene il primo artista belga e il primo pittore surrealista a raggiungere l’incredibile cifra.
Trump e il mercato dell’arte
Arte e politica sembrano essere più unite che mai. Dopo le elezioni presidenziali, infatti, le case d’asta, e più in generale il mercato azionario, hanno documentato una ripresa degli affari. Brett Gorvy, uno dei fondatori della galleria d’arte newyorkese Lévy Gorvy Dayan, ha commentato al New York Times: «le elezioni hanno avuto un impatto immediato sul mercato, dopo le elezioni molti affari sono stati conclusi da clienti che prima avevano esitato.» Che sia l’effetto Trump a causare questa corsa alle palette, forse, è troppo presto per dirlo. Secondo molti, gli acquirenti saranno sempre disposti a pagare per dei capolavori, indipendentemente dal clima politico o economico.
In collaborazione con Martina Testoni